INFORMAZIONI SULLA DISABILITA'


 

SOMMARIO

 

PREMESSA
         
PERCHE' QUESTA PUBBLICAZIONE

CHI E’ ASPHI
         
LE ATTIVITA’
          UN CAMMINO CHE CONTINUA
          SOCI E CONTRIBUTORI A.S.P.H.I.

CHI E’ LA FONDAZIONE ADECCO
         
CATEGORIE DI PERSONE A CUI LA FONDAZIONE SI RIVOLGE
          LE ATTIVITA'
          L’ERSPERIENZA ADECCO
          COME OPERIAMO CONCRETAMENTE

FUNZIONAMENTO, DISABILITA’ E SALUTE
          IL NUOVO DOCUMENTO OMS
          ICIDH
          ICF
          LE PAROLE CHE FANNO LA DIFFERENZA

I DISABILI IN ITALIA

PREVENZIONE
         
COS'E' LA PREVENZIONE
          LA LEGISLAZIONE SULLA SICUREZZA NEL LAVORO

SUGGERIMENTI
         
PER UN CORRETTO RAPPORTO CON LA DISABILITA’
          DISABILITA' FISICHE
          LE "BUONE PRASSI"

L’ACCESSIBILITA’
         
L’ACCESSIBILITA’ INFORMATICA
          MOBILITA'

IL LAVORO
         
LA LEGGE 68/99
          INSERIMENTO LAVORATIVO
          TELELAVORO E TELEFORMAZIONE
          IL LAVORO TEMPORANEO

GLI AUSILI
         
AUSILI DI ACCESSO E AUSILI DI RIABILITAZIONE
          LA SCELTA DELL'AUSILIO

ASSOCIAZIONI CHE SI OCCUPANO DI DISABILITA’

ALLEGATI
         
SINTESI DELLE PRESTAZIONI RELATIVE ALLA PERCENTUALE DI INVALIDITA'
          MINORI CON INVALIDITA' CIVILE
          LE AGEVOLAZIONI FISCALI
          PROSPETTO DELLE PRESTAZIONI ECONOMICHE E DEGLI AVENTI DIRITTO


PREMESSA

PERCHE' QUESTA PUBBLICAZIONE

Il mondo della disabilità è in costante evoluzione. Nell'arco di pochi anni le leggi da un lato, le diverse opportunità offerte dalla ricerca e dalla tecnologia dall'altro, hanno dato origine a trasformazioni profonde. Molte di esse sono, per il momento, appannaggio degli "addetti ai lavori", mentre nella mentalità diffusa sopravvivono ancora vecchi concetti e pregiudizi a volte difficili da sradicare.

Proprio da questa considerazione di base nasce "Informazioni sulla disabilità", riedizione - riveduta e aggiornata - di quella precedente, pubblicata quattro anni fa con il titolo "Informazioni sull'handicap". Già dal titolo emerge una differenza importante: il centro dell'interesse deve essere la disabilità, cioè la difficoltà connessa con un certo tipo di menomazione, piuttosto che l'handicap, che è da intendersi come lo svantaggio che può derivare (ma non necessariamente deriva!) dalla disabilità stessa. Essere informati "sulla disabilità" significa esserlo anche sulla abilità esistente nonostante il deficit e su come, partendo da questa, è possibile superare le proprie difficoltà e raggiungere la migliore integrazione possibile.

Le nuove definizioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che troviamo nelle pagine seguenti, testimoniano questa importante presa di coscienza e lo spostamento che ne deriva, allontanandosi dal vecchio concetto di "portatori di handicap" (quasi che l'handicap fosse una valigia, un pesante carico da trascinare con sé!), per concentrasi sulle diverse abilità delle persone e su come queste, con gli opportuni aiuti, possono prevenire o ridurre la presenza dell'handicap stesso.

Gli "aiuti" a cui far riferimento possono venire, ad esempio, dalla tecnologia informatica e telematica e anche di ciò si parla in questo volume. Una tecnologia che, se messa al servizio del superamento dell'handicap, può contribuire ad "inventare" soluzioni migliori non solo per i disabili, ma anche per molti altri membri della società (anziani, persone con momentanea difficoltà, persone svantaggiate culturalmente, e così via), in un'ottica di sempre maggior attenzione alla "diversità".

La tecnologia, però, non deve mai essere intesa come fine a se stessa in quanto, per poterne fare buon uso, occorre possedere "informazioni sulla disabilità" a largo raggio, a partire dalla persona e dal suo rapporto con il proprio deficit e con il mondo esterno. Per questo abbiamo dedicato alcune pagine alle caratteristiche di un "corretto rapporto" con le persone disabili e con la disabilità stessa.

La tecnologia aiuta anche nel mondo del lavoro dove, con gli opportuni ausili, le persone disabili possono oggi svolgere molte professioni che, fino a poco tempo fa, erano a loro precluse. Proprio dalla collaborazione tra ASPHI onlus - associazione che da anni opera nel campo dell'informatica al servizio dei disabili - e la Fondazione Adecco - che agisce nell'ambito delle nuove forme di lavoro anche a favore delle persone svantaggiate - nasce questa pubblicazione.

Il suo duplice obiettivo è dunque quello di fornire informazioni il più possibile complete e aggiornate (anche in merito a questioni "tecniche", come ad esempio gli aspetti legislativi) e di contribuire a creare "cultura" verso la disabilità e il corretto modo di affrontarla.

Siamo grati fin da ora a coloro che volessero segnalarci eventuali precisazioni o suggerimenti per rendere le possibili riedizioni di questo volumetto - che vorremmo non rimanesse un'iniziativa sporadica - sempre più precise, concrete e dunque utili.

SOMMARIO

 


CHI E’ ASPHI

A.S.P.H.I. sta per Associazione per lo Sviluppo di Progetti Informatici per gli Handicappati

ASPHI Onlus è un’associazione di Enti e Aziende, senza fini di lucro, nata per promuovere l’integrazione delle persone disabili nella società, attraverso l’uso della tecnologia ICT (Information Communication Technology).

I Soci e Contributori sono circa 50, Enti e aziende spesso di primaria importanza nazionale come IBM Italia, Inail e INPS. I collaboratori sono una cinquantina di persone, molte delle quali volontarie, che operano in diverse parti d‘Italia. ASPHI ha la propria sede principale a Bologna, sedi distaccate a Milano, Roma e Torino e punti di riferimento a Padova, Napoli e Palermo (vedi indirizzi di seguito).

ASPHI esiste da oltre vent’anni. Nel 1979 si svolgeva infatti a Bologna il primo corso di informatica per non vedenti: un’iniziativa rivoluzionaria per quei tempi, prima in Italia e con pochi precedenti nel mondo. La costituzione di ASPHI, avvenuta nel 1980, confermò la volontà di dare un seguito all'esperienza con attività che, negli anni, si amplieranno progressivamente. Vengono avviate ricerche sulle differenti disabilità: dopo quella visiva, quella motoria, la disabilità uditiva, quella di tipo cognitivo-mentale e il plurihandicap.

In parallelo, si estendono i settori di intervento andando a toccare i diversi aspetti della vita della persona: dal lavoro (formazione iniziale, inserimento in azienda e aggiornamento professionale), inteso oggi anche con la modalità del telelavoro; all'integrazione scolastica, con attività rivolte agli alunni e ai docenti di scuole di ogni ordine e grado; dall'autonomia personale all'informazione e comunicazione, fino allo sport e al tempo libero. Molteplici sono le attività nelle quali le tecnologie ICT possono dare un contributo all'integrazione delle persone disabili.

 

LE ATTIVITA’

ASPHI opera per Progetti, in collaborazione con Strutture pubbliche e private (Associazioni, Enti Pubblici, Università, Centri di Ricerca, Imprese) importanti per competenza e ruolo; i progetti ideati, promossi o condotti direttamente da ASPHI, sia in Italia che all'estero, sono oggi oltre settanta: 23 nell'ambito lavorativo, 19 nel settore scuola, 15 di riabilitazione e vita indipendente e altrettanti volti all'informazione e sensibilizzazione.

Nelle sue iniziative, ASPHI utilizza lo strumento dell’innovazione nell’impiego delle nuove tecnologie informatica e telematica; segue un approccio imprenditoriale e di intervento concreto diretto a risolvere i problemi complessi di solidarietà sociale con il massimo di efficacia; persegue il risultato di accompagnare e spesso precorrere con iniziative e soluzioni pratiche la maturazione nel nostro Paese di una nuova "cultura dell’Handicap", consolidata nelle leggi che vengono promulgate.

Questo è accaduto anche nell'ambito del collocamento al lavoro, dove la nuova legge 68/99 "Diritto al lavoro per i disabili", rappresenta un importante passo avanti rispetto alla situazione precedente: da una motivazione "assistenziale" di obbligo di assunzione della persona disabile, ad un'ottica che tiene conto delle sue potenzialità e capacità, a vantaggio sia dell'impresa che del lavoratore. Nell'ambito del lavoro, ASPHI fin dall’inizio si pone un duplice obiettivo: da un lato di formare le persone disabili a professioni informatiche, fornendo loro tutti gli strumenti necessari; dall’altro di aiutarle e sostenerle, terminati i corsi, nella fase di ricerca di un impiego. Oltre l’80% degli allievi dei corsi ASPHI sono stati regolarmente assunti. Le finalità di ASPHI sono rimaste invariate negli anni, adattando però gli strumenti ai mutati scenari del mondo del lavoro (prendendo anche in considerazione, ad esempio, la possibilità del lavoro interinale), alle innovazioni legislative e alle evoluzioni tecnologiche (Internet in testa, da cui la possibilità della teleformazione e del telelavoro). In ambito lavorativo, è il caso di segnalare anche l'attività di Asphi nell'ambito del programma ECDL (European Computer Driving Licence), la patente europea che attesta una conoscenza informatica di base, ormai richiesta in molti ambiti professionali pubblici e privati. ASPHI è riconosciuta da AICA come Ente di riferimento nazionale per l’ECDL per le persone disabili, sia nell’erogazione di corsi, sia nella realizzazione dei test per l’ottenimento della certificazione.

Nella scuola, ASPHI opera affrontando il problema dell’integrazione degli alunni disabili nel suo complesso: dai software specifici per gli alunni con difficoltà di apprendimento, alla attività di formazione dei docenti, per un sempre più autonomo ed efficace utilizzo degli strumenti a loro disposizione, anche attraverso i corsi di Alta Qualificazione tenuti in tutta Italia. Parallelamente, dalla consapevolezza che non esistono soluzioni "uguali per tutti", ma che occorre, per ogni persona, studiare uno specifico progetto per la riduzione dell’handicap, nasce STEP, il centro ASPHI di Supporto Tecnologico per l’Educazione della Persona, per fornire consulenza e formazione personalizzate circa l’uso delle tecnologie in ambiente educativo.

Un altro settore di intervento di ASPHI è quello della riabilitazione, per compensare un deficit con l’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche e telematiche: l’approccio è quello di partire dal deficit e individuare i contributi della scienza e i prodotti della tecnica più adatti al suo superamento, ben consapevoli che la tecnologia, pur potendo aiutare a risolvere o ridurre molti problemi dei disabili, è solo uno fra gli strumenti disponibili per favorire la loro integrazione. Molti sono i possibili utilizzi della tecnologia anche nel senso di prevenzione: un esempio fra tutti è quello dello screening audiologico, studiato per individuare precocemente disturbi dell’udito in bambini in età prescolare e realizzato attraverso un opportuno software.

Molte anche le attività svolte da ASPHI, negli anni, al di fuori dei confini nazionali, sia partecipando a Programmi e Iniziative comunitarie, sia "trasferendo" i propri corsi professionali in altri paesi (Russia e Grecia). Queste esperienze, oltre a costituire un importante scambio di informazioni ed opportunità, hanno dimostrato che, pur con gli adattamenti necessari paese per paese, le moderne tecnologie informatiche e telematiche offrono possibilità "esportabili" e ripetibili.

Un'altra importante attività svolta dall’associazione è quella di informazione e comunicazione, non solo in merito alle iniziative dell'associazione, ma anche per la diffusione di informazioni di utilità per le persone disabili e, più in generale, per la formazione di una corretta cultura della disabilità.

Un esempio di questo è "HANDImatica ", la mostra-convegno nazionale per la ICT per l'integrazione della persona disabile, iniziativa unica nel suo genere in Italia, che ASPHI organizza ogni due anni a Bologna: "HANDImatica" consente l'incontro tra domanda (aspettative e richieste delle persone disabili e di quanti sono loro vicini) e offerta (applicazioni ottenibili grazie le moderne tecnologie ICT); offre l'occasione per convegni ad alto livello, con esperti italiani ed esteri; prevede momenti dimostrativi e workshop su esperienze specifiche; invita le istituzioni a pronunciarsi e fare il punto sulla questione dell'handicap.

 

UN CAMMINO CHE CONTINUA

Attraverso questa e molte altre iniziative, ASPHI ha fornito, nell'arco del 2000, informazioni a quasi 80.000 persone, mentre oltre 11.000 sono coloro che hanno usufruito, direttamente o indirettamente, dei servizi ASPHI.

Risultati considerevoli, a conferma della validità dei valori che, fin dal suo inizio, hanno segnato il cammino dell'associazione. Tra essi, innanzitutto, quello che "la persona disabile è un cittadino a pieno titolo, con diritto di vivere e operare nella società di tutti".

Per tutto ciò, ASPHI rappresenta oggi un riferimento a livello nazionale nell'ambito delle nuove tecnologie per il superamento dell'handicap, come Centro di Competenza per le applicazioni ICT per la integrazione delle persone disabili.

L’approccio imprenditoriale, indipendente e di intervento concreto la qualificano come "impresa sociale".

 

SOCI E CONTRIBUTORI A.S.P.H.I.

A.I.C.A. – Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico

Alleanza Assicurazioni SpA

Almaviva Tecnologies Srl

A.M.S.A. – Azienda Milanese Servizi Ambientali

Assicurazioni Generali SpA

Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori

Assolombarda

AT&T Global Network Services SpA

Banca d’Italia

Banca Nazionale del Lavoro SpA

Banca Antoniana Popolare Veneta Scrl

Banca Popolare di Milano

Bayer SpA

B.N.L. Multiservizi

Bonaparte SpA

Caridata

Camera di Commercio Industria, Artigianato, Agricoltura di Bologna

C.I.S. Centro Studi Impresa Srl

C.I.S. SpA

Comune di Bologna

Comune di Milano-S.I.C.O.M.

E.D.S. Italia SpA

Enea

Engineering Informatica Srl

Enidata SpA

Etnoteam SpA

Finemiro Banca SpA

Ferrovie dello Stato SpA

Finmeccanica SpA

Fondazione Cariplo

Fondazione Cassamarca

Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, VI, BL, e AN

Fondazione Don Gnocchi – Onlus

Full Services Srl

Gamma Servizi Srl

Geodis Logistics SpA

* IBM Italia SpA

INA – Istituto Nazionale Assicurazioni

* INAIL

* INPS

Insiel SpA

In.Te.Sa. SpA

Istituto dei Ciechi "F. Cavazza"

Italtel SpA

I.T.S. (Gruppo FIAT) Srl

Lombardia informatica SpA

Multivendor Service Srl

Netsiel SpA

Regione Emilia-Romagna

Rolo Banca 1473

S.S.B. – Società Servizi Bancari

SAI Società Assicuratrice Industriale

Seabo SpA

Selfin SpA

Siemens Information e Communication Network SpA

Siomatica SpA

Sistemi Informativi SpA

Società Interbancaria per l’Automazione

So.Ge.I. SpA

Soroptimist International d’Italia

Telecom Italia SpA

U.I.C. Nazionale

VM Motori SpA

* Soci sostenitori

 SOMMARIO

 


CHI E’ LA FONDAZIONE ADECCO

La "FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' per le Pari Opportunità" apre le porte alle categorie più deboli del mercato del lavoro, a chi incontra maggiori difficoltà nel trovare un'occupazione.

Adecco è il più grande gruppo mondiale specializzato in gestione delle Risorse Umane e Lavoro Temporaneo. Nata nel 1996 dalla fusione della società francese Ecco (creata nel 1964) e della svizzera Adia (1957), Adecco è presente in 61 Paesi con 5000 filiali e conta su un portafoglio clienti di 300.000 imprese. Ogni giorno a livello mondiale impiega più di 600.000 lavoratori, confermandosi tra i primi datori di lavoro al mondo.

In Italia Adecco è presente dal 1997 e conta su una rete di 500 filiali dislocate su tutto il territorio nazionale. Ogni giorno Adecco dà impiego a oltre 30.000 persone, rispondendo alle esigenze di personale di oltre 15.000 aziende. In questo modo Adecco si posiziona tra le prime 10 aziende italiane per numero di dipendenti.

Nel 1998 più di 9000 persone hanno trovato un’occupazione attraverso Adecco; nel 1999 sono state più di 66.000 le persone che hanno avuto questa opportunità. Nel 2000, Adecco ha creato e offerto lavoro a oltre 160.000 persone.

Nel 2001 ADECCO ha deciso di mettere a disposizione la propria esperienza e la propria conoscenza del mercato del lavoro con un nuovo obiettivo: favorire l’inserimento o il reinserimento professionale delle persone con difficoltà di accesso al lavoro attraverso la "FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' PER LE PARI OPPORTUNITA’ ONLUS".

La FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' per le Pari Opportunità, all'interno di un progetto di respiro internazionale, segue l'esempio della "Fundaciòn Adecco para la Integraciòn Laboral", la fondazione spagnola, costituita nel 1997, riconosciuta e apprezzata per l'attività di sostegno delle categorie di persone che vivono ai margini del mercato del lavoro. Anche in Italia, quindi, ADECCO ha deciso di sviluppare attraverso la Fondazione, politiche attive nei confronti delle "fasce deboli", in particolare i disoccupati di lunga durata, gli over 40, le persone disabili, le donne con carichi di famiglia e gli atleti che hanno terminato la carriera agonistica.

 

CATEGORIE DI PERSONE A CUI LA FONDAZIONE SI RIVOLGE:

Persone Disabili

Com’è noto la legge (legge n.68 del 1999) obbliga le aziende a tutelare e quindi ad assumere personale appartenente alle cosiddette "categorie protette".

Attraverso la FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' PER LE PARI OPPORTUNITA', pertanto, si vuole agevolare l’accesso delle persone disabili nel mondo del lavoro, dando risposte concrete alle aziende e alle loro necessità di personale cercando, contemporaneamente, di soddisfare un programma specifico di azione sociale.

Obiettivo fondamentale della FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' è quello di sensibilizzare le aziende, anche al di là degli obblighi normativi, per gestire e ottimizzare progetti e iniziative mirate che facilitino l’ingresso nel mercato del lavoro.

Le attività cardine sono: progetti di inserimento mirato, seminari, convegni, pubblicazioni, formazione specifica, erogazioni di sussidi, forme varie di assistenza.

Disoccupati di Lunga Durata

La FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' nasce, altresì, con l’intento di sviluppare programmi concreti diretti al reinserimento e all’adattamento di profili professionali di persone con forme di disoccupazione cosiddette "di lunga durata". I modelli sviluppati dal Gruppo Adecco (outplacement, riqualificazione, transazione di carriera) possono costituire il riferimento ideale per gli interventi di reinserimento di questi soggetti.

Persone Over 40

La FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' sviluppa programmi specifici aventi il fine di inserire o reinserire rapidamente nel mondo del lavoro persone ultra quarantenni. Le attività più importanti riguardano l'orientamento professionale, i percorsi individuali o collettivi e la sinergia con il GRUPPO ADECCO.

Atleti che hanno terminato la carriera agonistica

La FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA', in collaborazione con il CONI, vuole favorire l’integrazione nel mercato del lavoro degli ex atleti.

Questa scelta trova fondamenta nella certezza che lo sport di alto livello e l’impegno degli atleti durante la loro carriera compromettono spesso il futuro professionale.

Molti sportivi arrivano, al termine della loro carriera sportiva ad un età che non permette loro un inserimento agevole nel mondo del lavoro.

Tuttavia va considerato che gli atleti hanno sviluppato attitudini particolari, quali forza di volontà, capacità di lavorare in team, facilità di risposta di fronte a situazioni avverse, tenacia, lavorare per obiettivi. Si tratta di caratteristiche indispensabili nel mercato del lavoro tanto quanto l’esperienza e la formazione professionale.

Partendo da questi presupposti, la FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' lavora su gruppi di ex atleti selezionati con lo specifico fine dell’inserimento degli stessi nel mercato del lavoro attraverso un percorso di formazione, motivazione ed accompagnamento.

Donne con carichi familiari

Il mercato del lavoro si dimostra spesso inaccessibile per quelle donne che si trovano a dover conciliare vita familiare e vita lavorativa. La Fondazione Adecco si propone di studiare azioni specifiche per agevolare l'inserimento o il reinserimento delle donne che si sono trovate a dover abbandonare il mondo del lavoro in seguito alle vicissitudini familiari. L'obiettivo fondamentale riguarda lo studio e lo sviluppo di modelli di inclusione che integrino totalmente la donna nel mercato del lavoro.

 

LE ATTIVITA'

I programmi della FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITA' si svolgeranno fondamentalmente attraverso le seguenti azioni:

 

L’ERSPERIENZA ADECCO

L'esperienza maturata dalla Fondazione Adecco per le Pari Opportunità nel primo anno di vita, seppur breve, si è dimostrata profondamente interessante per apprezzare la validità del lavoro temporaneo come strumento di integrazione professionale e di conseguenza sociale.

Attraverso la struttura ed il know-how del Gruppo Adecco è stato possibile sviluppare percorsi di inserimento lavorativo focalizzati su soggetti ad alto rischio di esclusione.

Il valore aggiunto all'occupabilità di tali gruppi di persone ha spesso esercitato un effetto moltiplicatore sulla creazione di un contesto propizio all'integrazione socio-economica.

In particolare, per quel che riguarda le misure attive adottate nel sostenere l'inserimento di persone disabili, anche ai sensi della legge 12 marzo 1999 n. 68, i risultati ci hanno convinto della validità del lavoro temporaneo come arma contro l'esclusione professionale prima e sociale poi.

 

COME OPERIAMO CONCRETAMENTE

Progetto di inserimento lavorativo

 

OBIETTIVO DEL PROGETTO

L’inserimento lavorativo di un gruppo di persone che incontrano difficoltà nel trovare un’occupazione: persone disabili

SOGGETTI CHE PARTECIPANO ALLA REALIZZAZIONE

Il progetto promosso dalla Fondazione Adecco richiede l’intervento di una rete di soggetti che, attraverso le specifiche competenze, dia vita ad un percorso strutturato e completo. Partecipano alla realizzazione: Associazioni ed Enti (SIL, CILO, ecc.) che si occupano, a vari livelli, di persone con difficoltà, Enti locali della Pubblica Amministrazione, altre Fondazioni che condividono gli obiettivi della Fondazione Adecco, Adecco SFLT S.p.A., Enti di Formazione e Formatori accreditati, Aziende clienti del Gruppo Adecco.

FASI DEL PROGETTO

Reclutamento – L’attività di reclutamento avviene attraverso i canali tradizionali e i contatti con le Associazioni e gli enti che, a vari livelli, si occupano delle categorie sopraindicate.

Selezione - L’attività di selezione viene svolta dai responsabili delle Associazioni/Enti diversi in collaborazione con Responsabili di Selezione della ADECCO S.p.A..

Ricerca di opportunità di lavoro Le offerte di lavoro provengono dalle aziende clienti del Gruppo Adecco e sono segnalate dalle Filiali Adecco alla Fondazione Adecco.

Valutazione del posto di lavoro - Tale fase richiede l’intervento combinato dei responsabili di enti preposti e di ADECCO S.p.A.

Formazione di Base e Formazione Professionale – I corsi di formazione sono organizzati in base alle concrete esigenze dell’azienda che accoglierà i lavoratori selezionati, in relazione alla mansione che essi dovranno svolgere. Utilizzando il lavoro interinale come strumento per l’inserimento, la formazione sarà erogata secondo quanto previsto dall’Ente Bilaterale Forma-Temp, con finanziamenti concessi dal Fondo Formazione (art.5 della legge 196/97). Ci rivolgiamo a enti di formazione accreditati che erogano corsi di ogni tipo.

Inserimento attraverso un contratto di lavoro interinale L’inserimento in azienda avviene attraverso un contratto di lavoro temporaneo (secondo quanto previsto dalla legge 196/97)seguito dalle Filiali Adecco.

Tutoring – L’ attività di tutoring è sostenuta dai responsabili delle Associazioni o Enti coinvolti e Responsabili di Selezione di Adecco mediante verifiche periodiche durante tutto il periodo di lavoro.

Monitoraggio e valutazione dei risultati – Tale fase riguarda la possibilità di raccogliere tutte le informazioni utili ad un’analisi completa dei risultati raggiunti (successi e criticità).

 SOMMARIO

 


FUNZIONAMENTO, DISABILITA’ E SALUTE:

IL NUOVO DOCUMENTO OMS

Innanzitutto un poco di storia: nel 1980 l’OMS pubblicò un primo documento dal titolo International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH). In tale pubblicazione veniva fatta l’importante distinzione fra "menomazione" (impairment) che veniva definita come "perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica" e gli altri due termini.

Questi venivano rispettivamente definiti: "disabilità" (disability) come "qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano" e "handicap" come la "condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali". La lista dei principali raggruppamenti nella definizione di ciascuno dei tre termini, riportata di seguito, può meglio aiutare a capire la distinzione.

ICIDH

Menomazioni

1. Menomazioni della capacità intellettiva Altre menomazioni psicologiche Menomazioni del linguaggio e della parola

2. Menomazioni auricolari

3. Menomazioni oculari

4. Menomazioni viscerali

5. Menomazioni scheletriche

6. Menomazioni deturpanti

7. Menomazioni generalizzate, sensoriali e di altro tipo

Disabilità

1. Disabilità nel comportamento

2. Disabilità nella comunicazione

3. Disabilità nella cura della propria persona

4. Disabilità locomotorie

5. Disabilità dovute all’assetto corporeo

6. Disabilità nella destrezza

7. Disabilità circostanziali

8. Disabilità in particolari attività

9. Altre restrizioni all’attività

Handicap

1. Handicap nell’orientamento

2. Handicap nell’indipendenza fisica

3. Handicap nella mobilità

4. Handicap occupazionali

5. Handicap nell’integrazione sociale

6. Handicap nell’autosufficienza economica

7. Altri handicap

Volendo fare un esempio, in base alla definizioni di cui sopra, un non vedente è una persona che soffre di una menomazione oculare che gli procura disabilità nella comunicazione e nella locomozione e comporta handicap, ad esempio, nella mobilità e nella occupazione, per citare solo i principali. Quindi un unico tipo di menomazione può dar luogo a più tipi di disabilità e implicare diversi handicap.

Analogamente un certo tipo di handicap può essere collegato a diverse disabilità che a loro volta possono derivare da più tipi di menomazione. Mentre per un individuo la menomazione ha carattere permanente, la disabilità dipende dalla attività che egli deve esercitare e l’handicap esprime lo svantaggio che ha nei riguardi di altri individui (i cosiddetti normodotati). Un paraplegico avrà certamente un handicap quando si tratti di giocare al calcio, ma non ne avrà praticamente nessuno nel far uso di un personal computer.

L’aspetto significativo del primo documento OMS è stato quello di associare lo stato di un individuo non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività a livello individuale o di partecipazione nella vita sociale. Il secondo documento ha per titolo International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF). Già questo titolo è indicativo di un cambiamento sostanziale nel modo di porsi di fronte al problema di fornire un quadro di riferimento e un linguaggio unificato per descrivere lo stato di una persona.

Non ci si riferisce più a un disturbo, strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di "salute".

Come si può vedere dalle tabelle di seguito riportate (non è ancora la traduzione ufficiale in italiano dell’OMS) il nuovo documento sostituisce ai termini "impairment", "disability" e "handicap" che indicano qualcosa che manca per raggiungere il pieno "funzionamento", altri termini nella nuova prospettiva, che sono:

ICF

Funzioni corporee

1. Funzioni mentali

2. Funzioni sensoriali e dolore

3. Funzioni della voce e dell’eloquio

4. Funzioni del sistema cardiovascolare, ematologico, immunologico e respiratorio

5. Funzioni del sistema digestivo, metabolico e endocrino

6. Funzioni genitourinarie e riproduttive Funzioni neuromuscoloscheletriche e collegate al movimento

7. Funzioni cute e strutture associate

Strutture corporee

1. Strutture del sistema nervoso

2. Occhio, orecchio e strutture collegate

3. Strutture collegate alla voce e all'eloquio

4. Strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e respiratorio

5. Strutture collegate al sistema digestivo, metabolico e endocrino

6. Strutture collegate al sistema genitourinario e riproduttivo

7. Strutture collegate al movimento

8. Cute e strutture collegate

Attività e partecipazione

1. Apprendimento e applicazione della conoscenza

2. Compiti e richieste di carattere generale

3. Comunicazione

4. Mobilità

5. Cura della propria persona

6. Vita domestica

7. Interazioni e relazioni interpersonali

8. Principali aree della vita

9. Vita di comunità, sociale e civica

Fattori ambientali

1. Prodotti e tecnologia

2. Ambiente naturale e cambiamenti apportati dall’uomo all’ambiente

3. Supporto e relazioni

4. Atteggiamenti

5. Servizi, sistemi e politiche

Le funzioni corporee sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche. Le strutture corporee sono parti anatomiche del corpo come organi, arti e loro componenti. Attività è l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo. Partecipazione è il coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita. I fattori ambientali sono caratteristiche, del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti, che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto. La classificazione sopra riportata si ferma ai primi due livelli, ma nel documento OMS si arriva a livelli superiori di dettaglio, estendendo le classificazioni di cui sopra in ulteriori sottoclassificazioni. Ad ogni livello di classificazione è associata una sigla.

Così, ad esempio, la classificazione b11420 viene inserita nella seguente gerarchia di livelli:

b Strutture corporee

b1 Funzioni mentali

b11 Funzioni mentali globali

b114 Funzioni dell’orientamento

b1142 Orientamento alla persona

b11420 Orientamento a se stessi

e ad essa è associata la definizione funzioni mentali che producono la consapevolezza della propria identità. Il documento ICF copre tutti gli aspetti della salute umana, raggruppandoli nel dominio della salute (health domain, che comprende il vedere, udire, camminare, imparare e ricordare) e in quello ‘collegato’ alla salute (health-related domains che includono mobilità, istruzione, partecipazione alla vita sociale e simili). È importante sgombrare subito il campo da un equivoco: ICF non riguarda solo le persone con disabilità, riguarda tutti, ha dunque uso e valore universale. Rispetto a ciascuna delle centinaia di voci classificate, a ciascun individuo può essere associato uno o più qualificatori che quantificano il suo "funzionamento". Per le funzioni e strutture del corpo il qualificatore può assumere i valori:

0-4%

0

Nessuna menomaz. (impairment)

5-24%

1

Lieve menomazione (impairment)

25-49%

2

Moderata menomaz. (impairment)

50-95%

3

Grave menomazione (impairment)

96-100%

4

Totale menomazione (impairment)

 

8

Non specificato

 

9

Non applicabile

Analoghi qualificatori esistono per le attività, per le quali si parla di restrizioni e per la partecipazione, per la quale si possono avere limitazioni. Infine sui fattori ambientali si hanno delle barriere. La classificazione "positiva", che parte dal funzionamento per dire se e quanto ciascuno se ne discosta, ha il vantaggio rispetto alla classificazione ICIDH di non aver l’obbligo di dover specificare le cause di una menomazione o disabilità, ma solo di indicarne gli effetti. È da notare poi il fatto che il termine "handicap" è stato abbandonato, estendendo il termine disabilità a ricoprire sia la restrizione di attività che la limitazione di partecipazione.

 

LE PAROLE CHE FANNO LA DIFFERENZA

Di Andrea Canevaro

L’attenzione delle parole è importante, non tanto per un fatto estetico o formale, ma perché nelle parole è contenuto il modello operativo a cui si fa riferimento.

In questo caso, è molto importante non fare confusione tra deficit, disabilità e handicap: utilizzare termini impropri e fare confusioni linguistiche può essere un modo per aumentare l’handicap, anziché ridurlo.

Al centro sta la persona, che chiamiamo in vari modi (handicappato, in situazione di handicap, disabile) e ciascuna di queste definizioni ha i propri vantaggi e svantaggi.

Il punto di partenza deve però essere chiaro: l’individuo è relativamente handicappato, cioè l’handicap è un fatto relativo e non un assoluto, al contrario di ciò che si può dire per il deficit. In altri termini, un’amputazione non può essere negata ed è quindi assoluta; lo svantaggio (handicap) è invece relativo alle condizioni di vita e di lavoro, in una parola della realtà in cui l’individuo amputato è collocato.

L’handicap è dunque un incontro fra individuo e situazione. E’ uno svantaggio riducibile o (purtroppo) aumentabile. Queste riflessioni fanno capire quanto sia importante il fatto che le definizioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) tengano conto della distinzione già indicata.

Il nuovo ICIDH 2* è uno sviluppo coerente di questo pensiero, perché non smentisce l’impostazione già data permettendo, anzi, di evidenziare gli aspetti propositivi, e quindi di valorizzazione del singolo. Il rovesciamento dei termini, parlando in positivo (di funzioni, strutture, attività e partecipazione anziché di impedimenti, disabilità, handicap), è un importante passo in questa direzione. Osservando le parole-chiave della classificazione internazionale, bisogna rilevare che il termine disabilità, che era usato nella versione del 1980, è stato, appunto, sostituito da attività, e che handicap è stato sostituito dalla parola partecipazione, a indicare proprio quelle trasformazioni di positività che erano implicite. Gli altri termini che vengono utilizzati sono i seguenti: condizione di salute, menomazione, limitazione dell’attività, restrizione della partecipazione, fattori contestuali, fattori ambientali, fattori personali. Si costruisce, quindi, uno schema che vede al centro l’attività, che può essere più o meno sviluppata a seconda delle condizioni proprie dell'individuo, ma anche derivanti dal mondo esterno.

*edizione originale 1999, disponibile nella versione integrale presso le edizioni Erickson, Trento, 2000.

SOMMARIO

 


I DISABILI IN ITALIA: Fonte ISTAT 1994 – conferma 1999

 

Famiglie con persone disabili:

Quanti sono i disabili:

 

n. 2.362 su 20561 (- 3595 single)

pari a circa il 15 %

In Italia                                                             In Europa

 

~ 3.000 K pari a circa 5 % popolazione      (circa 10%)

                                                                         · Uomini 4 %

                                                                         · Donne 6 %

Per tipologia:

Disabili per Età:

 

Motori: 1.000 K 60 K in carrozzina

Vista 350 K

Udito 800 K - di cui  Sordomuti 50 

Mentali 750 K

 

< 6 anni circa 200 K

6 - 14 anni circa 188 K

circa 3,5 % popolazione

15 - 64 anni circa 615 K

> 64 anni circa 2.000 K

Nella Scuola – stime 1998

Nel Lavoro – stime 1998

circa 117 K

tra gli iscritti alle:

- scuole elementari 1.86%

- scuole medie 2.50%

con una prevalenza di soggetti con insufficienza mentale

- all’Università: circa 4.000

 

- Occupati circa 210 K 34 %

- Iscritti al collocamento circa 260 K 43 %

- Rinunce circa 145 K 23 %

Il tasso di disoccupazione è del 55%

nel Sud del 70%

prima della Legge 68/99

 SOMMARIO

 


PREVENZIONE

COS'E' LA PREVENZIONE

Il termine prevenzione - come il verbo prevenire - ha due significati; il primo, quello che verrà preso in considerazione, riguarda le possibilità di avere ipotesi che anticipino un evento dannoso, evitando che possa accadere; ma vi è anche un altro significato che collega questo con un altro termine, d’abitudine non usato con un senso positivo: pregiudizio. In qualche modo la prevenzione utilizza una visione che non è ancora conosciuta e che viene vista come negativa, e cerca di evitare che si realizzi. Prevenzione può essere quindi collegata a una considerazione negativa di quello che potrebbe avvenire se ….Ma, non essendo ancora conosciuto l’evento, può contenere qualche dubbio di eccesso. Difatti, gli eccessi di prevenzione sono rischi.

Vi è poi un modo di parlare oggi, più di un tempo, di prevenzione dei conflitti, ed è la capacità di intercettare e regolare le tensioni potenziali, generatrici di conflitti, attraverso un dialogo, un negoziato, che in qualche modo cerchi di smontare il meccanismo esplosivo, di assorbire le spinte aggressive, e di condurre i diversi interlocutori a posizioni conciliabili. I conflitti possono essere le guerre; ma possono essere anche i micro-conflitti, che fanno parte di molte popolazioni, e che potrebbero essere più intensi quando vi sono delle situazioni di handicap.

Vi è una possibilità di richiamare un filosofo tedesco, il cui nome è Hans Jonas, per il quale la civiltà tecnologica avanzata ha cambiato la natura dell’agire umano. Secondo Jonas, cambiano le possibilità di previsione e dovrebbero anche cambiare le dimensioni della responsabilità in rapporto alla prevenzione. In altri termini, gli umani hanno delle grandi possibilità di cambiare la stessa ragione d’essere dell’umanità, attraverso tecnologie che hanno bassi costi energetici nel loro utilizzo da parte del soggetto umano e grandi potenziali nelle conseguenze. Dovrebbero sviluppare un nuovo senso morale della responsabilità per prevenire danni che gli stessi umani possono compiere. E su questo tema il dibattito è molto intenso e va approfondito, perché a volte si parla di prevenzione immaginando una bioingegneria a dimensione genetica che potrebbe però, se non sono seguite le indicazioni di Hans Jonas, avere conseguenze non prevedibili oggi da chi ha solo opinioni formate dalla pubblicistica dei mass media, ma forse prevedibili da chi è studioso e che deve assumere responsabilità maggiori.

Prevenzione della disabilità

Vi è poi un collegamento fra prevenzione ed epidemiologia. Questa è una branca della scienza che studia la prevalenza o l’incidenza di una malattia o di una disabilità in una popolazione allargata, cercando di evidenziare il numero di nuovi casi in un tempo definito. La finalità dell’epidemiologia può essere descrittiva, e allora è limitata alla valutazione della frequenza; oppure può essere una epidemiologia analitica, alla ricerca delle cause; ed è importante capire come una mappa epidemiologica possa cambiare rapidamente per eventi calamitosi. Si pensi, per quanto riguarda aree europee, a due regioni che avevano dati non dissimili a quelli dell’Italia: la Jugoslavia, ovvero i paesi che componevano la Jugoslavia di prima della guerra, e la Bielorussia e l’Ucraina. In questi paesi gli eventi calamitosi della guerra, da una parte, e del disastro ecologico di Cernobyl - di una centrale atomica quindi - dall’altra hanno stravolto i dati. Ad esempio, l’epidemiologia della Bosnia oggi può contare il numero di casi di bambini sordi che sono cresciuti in pochi anni in misura notevole, proprio perché la mancanza di cure primarie e la cattiva qualità della vita nel periodo bellico hanno creato le condizioni per l’insorgere di questo deficit. Ecco allora che le cause sono più facilmente individuabili, ma conducono inevitabilmente a pensare a una prevenzione che si collega alla qualità della vita.

Di prevenzione si parla con tre livelli: la prevenzione primaria, che comprende le azioni destinate a diminuire l’incidenza di una disabilità su una popolazione, riducendo il rischio al suo nascere; una prevenzione secondaria che riguarda le azioni utili per ridurre la densità e la gravità della disabilità, e ha bisogno quindi di dépistages attivi; e una prevenzione terziaria che comprende le azioni utili per diminuire il prevalere delle incapacità croniche in una popolazione, riducendo al minimo le invalidità funzionali e realizzando progetti di riadattamento. Si può dedurre che la prevenzione primaria riguarda tutta la popolazione mentre la secondaria e la terziaria hanno interesse a evidenziare le popolazioni a rischio e quindi a rivolgersi ad elementi che permettono di conoscere prima la popolazione a rischio per non disperdere le azioni. Questo ci fa capire come le attività di prevenzione hanno bisogno di una società organizzata. Molte volte noi abbiamo a che fare con situazioni catastrofiche o calamitose che disorganizzano la società e rendono molto difficile proprio la prevenzione.

Medicina preventiva

Anche la medicina preventiva riguarda un’azione organizzata nel quadro della collettività, e quindi non è semplicemente, se così si può dire, l’azione sul singolo ma il singolo in quanto appartenente ad una collettività, e l’azione deve rientrare nel quadro della collettività. Per questo noi possiamo immaginare che vi siano diversi momenti interessanti per la prevenzione. A grandi linee possiamo individuarne due, perché due sono i momenti dell’insorgenza della disabilità: il primo è dalla nascita, e quindi vanno considerate tutte le azioni che permettono i livelli di prevenzione alla nascita; il secondo è da trauma. Nel percorso di vita vi sono dei numeri che dicono chiaramente come la qualità della vita può incrinarsi, abbassarsi, e produrre disabilità, ed è dunque sulla qualità della vita che va esercitata un’azione più efficace; un certo numero di casi – in crescita – di disabilità è legata, per esempio, alla qualità dei trasporti privati e alla incapacità di far vivere a chi guida una maggiore responsabilità e quindi un maggior civismo. Non è unicamente il sabato sera, non sono solo le notti in discoteca, ma è il traffico quotidiano, stravolgente, quello che si chiama traffico su gomma, con cifre che in previsione sono in un aumento non aritmetico ma geometrico, e fanno pensare che i numeri delle disabilità saranno ancora maggiori, e la prevenzione sarà una necessità sempre più drammatica.

Ma è utile riprendere un filo di discorso che permette di visitare un arco di vita, e quindi di individuare momenti tecnici di prevenzione che possono essere assunti dal singolo, uomo o donna che sia.

Prima del concepimento

Ogni anno nascono nel nostro paese circa 35000 bambini con deficit ed altrettanti lo diventeranno negli anni successivi. Occorre dunque informare le giovani coppie sui fattori di rischio e su come prevenirli.

È necessario, innanzi tutto, conoscere il proprio gruppo sanguigno e il cosiddetto "fattore Rh". Questo dato dovrebbe essere reso ben evidente, ad esempio scrivendolo sulla carta 'identità o su una medaglietta, per permettere una rapida trasfusione nel caso di incidente. Ma soprattutto, nell'ambito della prevenzione, questo dato serve per identificare in tempo una eventuale incompatibilità materno-fetale.

Infatti , se il gruppo sanguigno del nascituro è incompatibile con quello materno (circa 5% delle gravidanze), in caso di contatto tra sangue della madre e del nascituro (microemorragie, taglio cesareo, molteplici gravidanze, ecc.), si corre il rischio che gli anticorpi che la madre sviluppa possano provocare gravi lesioni al bimbo. Se però i futuri genitori ne sono consapevoli, durante la gravidanza alcuni esami (test di Coobs) possono accertare se qualcosa sta avvenendo ed è possibile evitare qualunque danno.

Bisogna anche accertarsi se nella propria famiglia o in quella del partner siano presenti malattie muscolari degenerative (distrofie), quasi sempre a carattere ereditario. Gli accertamenti eseguiti devono coinvolgere il genetista, esami ematochimici ed eventualmente una biopsia. Se viene riscontrata una distrofia in atto o si è portatori sani, si sconsiglia vivamente il concepimento di un bimbo!

Vi è poi una prevenzione della disabilità che inizia addirittura dall'infanzia dei futuri genitori: è essenziale sapere se la donna abbia avuto la rosolia o se sia stata praticata la vaccinazione contro questa malattia. Essa infatti, senza immunizzazione secondaria all'avvenuta malattia o alla vaccinazione, può colpire la donna durante la gravidanza, procurando danni assai gravi al nascituro, come sordità, cecità, ritardo mentale.

Spesso però, anche quando si pensa di aver avuto la rosolia, essa può essere confusa con altre malattie o con disturbi dell'alimentazione capaci di produrre eruzioni della cute. Oppure, se la malattia è stata contratta in forma lieve, essa può non aver prodotto un'adeguata immunizzazione. Proprio per questo è consigliabile, per le bambine, procedere tempestivamente alla vaccinazione antirosolia. Successivamente, alla comparsa delle mestruazioni, è opportuno accertare l'avvenuta immunizzazione (tramite il rubeo test) e se non si ha immunità o nei casi dubbi, effettuare la vaccinazione.

È inoltre essenziale che con opportuni esami ematochimici si accerti l'eventuale presenza di alcune patologie assai significative. Tra queste l'emofilia o il diabete, che può essere presente già prima della gravidanza, o insorgere nel corso di questa. Esso può causare la gestazione di un feto macrosomico che potrà produrre notevoli difficoltà, che devono essere previste al momento del parto. Tutte queste manifestazioni, tipicamente ereditarie e familiari, vanno prese in considerazione perché l'eventuale gravidanza va con dotta con costanti controlli e il parto deve avvenire in ambiente ad alta scientificità e tecnologia.

Durante la gravidanza

Durante questo periodo così delicato, è opportuno osservare alcune semplici attenzioni per ridurre ogni tipo di rischio.

Evitare ambienti di lavoro che mettano la gestante nelle condizioni di respirare, ingerire o avere a contatto della cute sostanze pericolose per la madre o il nascituro.

Non prendere farmaci, se non indispensabili, e soprattutto non assumere psicofarmaci (antidepressivi, ansiolitici, ecc.).

Nei primi mesi, evitare radiografie per accertare fratture o altre patologie.

Ridurre al minimo l'assunzione di alcool e fumo e soprattutto non assumere droghe di nessun tipo.

Non sottoporsi a sforzi troppo intensi o prolungati.

Se compare un'emorragia, anche modesta, senza allarmarsi ricorrere al ginecologo.

Una cura particolare va dedicata all'alimentazione. Non incorrere nell'errore del detto che "la donna in gravidanza deve nutrirsi per due": ciò è errato e conduce ad un eccesso di peso che ostacola il parto. Il regime dietetico non deve essere aumentato in quantità, ma qualità, ovvero essere molto vario: permettere cioè l'assunzione di sostanze particolarmente utili.

In caso di gravidanze a rischio occorre effettuare, oltre agli esami e controlli di routine, amniocentesi, analisi del sangue fetale o dei villi coriali, a seconda dei casi. Gravidanze a rischio possono essere considerate le seguenti situazioni: donne con più di 40 anni, donne che hanno già avuto un figlio con danni genetici (per esempio trisoma 21, o sindrome di Down), donne che - senza traumi o malformazioni dell'apparato riproduttivo - hanno avuto due o più aborti spontanei. Gli esami, facili da effettuarsi in ambiente tecnicamente corretto, non devono indurre automaticamente un rifiuto della diversità nel caso si evidenzino patologie che provocano disabilità, ma offrono alla donna e alla coppia la possibilità di essere informati. Se il bambino non avrà danni evidenti la gravidanza potrà procedere con maggiore tranquillità; se invece si riscontrerà una patologia, la donna e la coppia - informati e sostenuti psicologicamente - potranno decidere coerentemente se continuare una gravidanza responsabile. L'importante è conoscere per decidere.

In tutti i casi, sia nell'evidenza di gravidanze a rischio, sia nelle altre, è assai importante instaurare un rapporto positivo dal punto di vista psicologico e sanitario tra la donna (coinvolgendo anche il partner) e il ginecologo ed il personale sanitario che effettuerà il parto. Ciò non solo per ricevere quei consigli ed effettuare quegli esami essenziali per ridurre il più possibili i rischi, ma anche perché la conoscenza delle persone e del luogo dove si svolgerà il parto predisporranno la donna e la coppia a vivere questa esperienza in modo più positivo.

A questo proposito si dovrebbe predisporre un parto più dolce possibile per il nascituro (evitando luci e rumori troppo forti, sbalzi di temperatura eccessivi, distacco troppo immediato dalla madre, ecc.): spesso il neonato viene considerato un oggetto grazioso, ma incapace di percepire sensazioni, che al contrario egli sente e soffre con molta intensità.

Nel caso poi di bimbi che per prematurità o malattie debbano restare in incubatrice per un tempo più o meno lungo, è essenziale che ricevano adeguati stimoli (carezze, parole dolci, ecc.) da parte dei genitori e del personale. Troppo spesso vivono invece in stato di deprivazione psicosensoriale ed affettiva.

Nell'infanzia

Per evitare possibili gravi complicazioni delle malattie esantematiche occorre praticare le vaccinazioni obbligatorie e valutare attentamente, con l'aiuto del proprio pediatra, l'opportunità di scegliere anche quelle facoltative. Un controllo periodico dal pediatra è comunque vivamente consigliato per agire in un'ottica non solo di cura, ma anche di prevenzione di possibili malattie. Evitare anche febbri oltre i 39° somministrando, se questa temperatura viene superata, degli antifebbrili sotto controllo medico.

Inoltre, alcune semplici avvertenze pratiche contribuiranno a prevenire gli incidenti domestici, che rappresentano una delle maggiori cause di possibile invalidità. Eccole in breve.

Non dare ai bimbi oggetti che possano essere ingerito o staccati da altri giocattoli.

Evitare di mettere a portata di mano detersivi, farmaci, armi, ecc.

Fare in modo che non giochino nei pressi di vetrate o vicino a fornelli accesi, o che manipolino prese del gas o della energia elettrica.

Mettere le prese a terra a tutti gli elettrodomestici.

Porre le pentole che bollono nei fornelli posteriori; non lasciare incustodite pentole o padelle contenenti liquidi bollenti.

Non lasciare la vasca del bagno colma d'acqua.

Non usare asciugacapelli sui bambini in ambienti umidi o, peggio, bagnati, o mentre qualcuno nello stesso luogo fa il bagno o la doccia.

Controllare sempre la temperatura del bagno o della doccia: un calore eccessivo potrebbe ustionare una cute giovanissima, poiché la percezione del calore dei bambini piccoli è diversa dalla nostra.

Quando si cambia un bimbo piccolo, occorre metterlo su una sede stabile e non lasciarlo mai solo per evitare cadute. Tenere anche lontano il talco che, se inalato, potrebbe soffocarlo.

Non fare giocare i bimbi con recipienti che contenevano sostanze tossiche (detergenti, erbicidi, veleni per insetti o topi, farmaci, ecc.) poiché nonostante i lavaggi più accurati, possono sempre mantenere una parte delle sostanze nocive un tempo contenute.

Non mettere sedie, sgabelli, scale, tavoli o altro nelle vicinanze di finestre o sui balconi: una caduta potrebbe risultare fatale.

Avere sempre in evidenza il numero di un medico di fiducia e il numero e l'indirizzo del più vicino pronto soccorso.

Occorre ricordare che il bimbo non deve essere iperprotetto e tenuto sotto una "campana di vetro": egli deve poter esprimere tutta la sua voglia di vivere e di esplorare, indispensabili per la sua crescita. Dobbiamo però affermare che, per quanto possibile, certi rischi vanno evitati. Giova ricordare che la vivacità e la fantasia dei bimbi superano ogni nostra previsione.

Nel traffico

Quanto il ragazzo userà il motorino o la moto, è il caso di insegnargli (non paternalisticamente, ma come un dato di fatto) l'uso del casco, che non è solo un obbligo di legge, ma un prezioso strumento che ha salvato molte vite e prevenuto deficit anche gravi.

Lo stesso vale per la cintura di sicurezza, che non può essere considerata come una fastidiosa costrizione, bensì come uno dei pochi strumenti davvero utili per ridurre gli effetti negativi di un incidente stradale.

Per prevenire un incidente, occorre usare poche ma decisive precauzioni.

Controllare lo spessore del battistrada delle ruote, l'efficienza dei freni, quella delle spazzole tergicristallo e dell'illuminazione. In caso di inadeguatezza o di inefficienza, non esitare a sostituire. Sarà un po' costoso, ma eviterà prezzi ben maggiori da pagare: la nostra salute e quella degli altri.

Facciamo fare dei controlli periodici all'autoveicolo da un meccanico di fiducia: anche l'auto ha bisogno del suo medico per mantenersi in salute.

Quando si guida, è pericoloso bere alcolici o assumere psicofarmaci: apparentemente ci si sente "meglio", in realtà le percezioni e i riflessi risultano sempre ridotti e alterati.

È meglio non fumare durante la guida: ci si distrae e un mozzicone acceso potrebbe scottare chi guida o, se gettato dal finestrino, recare danno ad un altro guidatore, entrambe eventualità che potrebbero causare un incidente.

Attenzione alla nebbia, alla pioggia, la ghiaccio: in certi giorni, se è possibile, meglio stare a casa o ritardare la partenza.

Teniamo il veicolo a distanza di sicurezza dagli altri; non sorpassiamo senza visibilità totale e in ogni caso segnaliamo chiaramente la nostra decisione di superare il veicolo che ci precede. Evitiamo rischiosissime gare se chi è davanti non concede strada; segnaliamo la nostra presenza in curva; evitiamo di abbagliare chi viene in senso opposto.

I bimbi più piccoli devono essere tenuti negli appositi seggiolini. Se sono più grandi, è preferibile che siedano nei sedili posteriori: essi potrebbero urtare, anche fortemente, in caso di frenata o ostacolare pericolosamente le nostre manovre. Non scordiamoci inoltre, se ci sono bambini, di inserire sempre le sicure.

Se portiamo animali devono essere (confortevolmente) confinati nella parte posteriore del mezzo, per evitare che disturbino il guidatore.

Se siamo stanchi, fermiamoci: con la stanchezza, o peggio la sonnolenza, i tempi di reazione e di valutazione scadono paurosamente.

In caso di sosta, segnalare chiaramente la nostra situazione. Non si deve sospingere l'auto per lunghi tratti, soprattutto di notte, né sporgersi troppo per chiedere aiuto: si potrebbe essere investiti. Portiamo sempre un piccolo estintore e una torcia elettrica in auto: costano poco e sono utilissimi.

Non si deve mai usare la corsia d'emergenza per la marcia: potremmo impedire, ostacolando un mezzo di soccorso, di salvare una vita.

Evitare la velocità elevata è un consiglio dato tante volte, che sembra abbia perso d'efficacia, eppure una velocità più moderata costituisce la prevenzione più certa per evitare incidenti a noi e agli altri.

In caso di infortunio, occorre soprattutto stare calmi: con la fretta e l'ansia si possono produrre danni irreparabili. Limitiamoci a coprire la persona infortunata con una coperta ed eventualmente a fermare un'emorragia con un pezzo di stoffa; in caso di necessità praticare la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco. Evitiamo sempre di spostare l'infortunato e soprattutto teniamo immobile la colonna vertebrale: è meglio l'attesa, anche se estenuante, dell'ambulanza, piuttosto che produrre danni irreparabili.

Nel tempo libero

Al mare, evitiamo di esporre noi stessi e soprattutto i bambini piccoli ai raggi diretti del sole nelle ore più calde. È meglio evitare anche di fare il bagno prima di aver digerito o dopo avere ingerito una bevanda ghiacciata.

Se ci allontaniamo a nuoto dalla costa, non facciamolo mai da soli: un crampo o un malore potrebbero risultare fatali. Non allontaniamoci comunque dalla prossimità della costa, a nuoto o con un'imbarcazione, senza essere certi delle nostre possibilità e capacità.

Se guidiamo un'imbarcazione a motore, partiamo dalla riva a remi fino alla fine della zona di rispetto, altrimenti inquiniamo e soprattutto potremmo provocare danni, anche irreparabili, ai bagnanti, specie i più piccoli. Anche al largo guidiamo con prudenza e attenzione: il mare non è un'autostrada, un sub, senza boa di segnalazione, potrebbe emergere all'improvviso accusando gravissime ferite e anche l'annegamento.

Se facciamo attività subacquea, uniamoci sempre a persone con buona esperienza e possibilmente che conoscano i fondali nei quali intendiamo immergerci.

Soprattutto evitiamo di spingere qualcuno in acqua o di tuffarci in fondali bassi o dove non si vede, o vicino a scogli: l'impatto può provocare un danno gravissimo al midollo spinale.

Il 20% circa degli incidenti che causano paraplegie (paralisi agli arti) deriva da tuffi, pratiche sportive e attività del tempo libero.

Anche in montagna ci vuole prudenza e consapevolezza delle proprie possibilità: un difetto di valutazione delle nostre capacità, unito alla rapidità delle variazioni del tempo - così tipiche in montagna - possono risultare fatali. Per addentrarci in percorsi anche semplici non andare mai soli, ma almeno in due e possibilmente con qualcuno che conosca il territorio.

Se poi ci dedichiamo alla scalate delle montagne, stiamo sempre con gente esperta: questa tecnica non si improvvisa e richiede anni di dura esperienza.

L'equipaggiamento deve essere adeguato, ma soprattutto la prudenza deve prevalere sull'entusiasmo.

Se c'è neve, attenzione ai crepacci, alle slavine e alle valanghe.

Se si scia, adattiamoci gradatamente all'ambiente, poiché anche un fisico ben allenato può trovarsi in difficoltà all'improvviso contatto con condizioni ambientali così estreme: il freddo, la luce, l'aria più rarefatta. Un calo d'efficienza o un malore, durante una discesa, potrebbero causare fatali incidenti.

Rispettiamo la segnaletica delle piste, evitiamo le discese più impegnative delle nostre capacità e dei nostri mezzi, per non trovarci in difficoltà e per non essere fonte di ostacolo e pericolo per gli altri.

Se vogliamo fare dello slalom, usiamo le segnalazioni predisposte ad hoc; non prendiamo come punto di riferimento alberi o persone: nel primo caso ci potremmo procurare guai seri, nel secondo potremmo procurarli agli altri.

Non utilizziamo piste non battute: potrebbero riservare brutte sorprese.

Evitiamo di sciare quando il pomeriggio si inoltra: l'oscurità in montagna scende all'improvviso.

Se sciamo da soli, è opportuno comunicare a qualcuno a valle il nostro itinerario: in caso di infortunio o perdita di sci potremo così essere ritrovati tempestivamente.

Evitiamo di sciare con avverse condizioni climatiche e soprattutto con visibilità ridotta.

Controlliamo sempre gli sci e soprattutto gli attacchi, che sono la nostra vera garanzia di sicurezza.

Se ci facciamo male fermiamoci, soprattutto in caso di frattura: cerchiamo di segnalarlo, ma evitiamo pericolose avventure: con una ferita o un arto fratturato potremmo aggravare la situazione.

Se dobbiamo soccorrere qualcuno cerchiamo di evitare movimenti bruschi e, come per gli infortuni automobilistici, teniamo immobile la colonna vertebrale.

Infine, una raccomandazione generale: prima di intraprendere qualunque attività sportiva, accertiamoci che sia compatibile con il nostro fisico, attraverso controlli adeguati in un centro medico sportivo.

LA LEGISLAZIONE SULLA SICUREZZA NEL LAVORO

La Costituzione afferma a questo proposito: "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni… (art. 35)".

"L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberà, alla dignità umana (art. 41)"

Tutela sul luogo di lavoro

Il diritto alla salute dei lavoratori, oltre che da disposizioni internazionali (carta dell’ONU, carta sociale Europea) è riconosciuta dalla Costituzione e disciplinata da un’articolata normativa.

Il nostro sistema giuridico-sociale, per garantire la sicurezza sul luogo di lavoro, attribuisce al datore di lavoro l’obbligo e la responsabilità di mettere in opera le misure di prevenzione necessarie. Ai lavoratori attribuisce l’obbligo di rispettare le disposizioni messe in atto, di usare i mezzi di protezione predisposti, di controllare l’applicazione delle norme in materia e di promuovere iniziative per migliorare la tutela della salute in azienda.

Obblighi del datori di lavoro

"L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (codice civile art. 2087). Sanzioni penali sono previste per "chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia" (codice penale art. 451).

IL DECRETO LEGISLATIVO 626

Il Decreto Legislativo 626 del 19/09/1994 ("Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.") ha introdotto importanti variazioni in merito ai disabili.

All'articolo 30 commi 4 e 5 dispone:

"I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap (comma 4).

L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap (comma 5)."

Questa parte del Decreto legislativo non è però stata oggetto di alcuna circolare o approfondimento.

SOMMARIO 

 


SUGGERIMENTI PER UN CORRETTO RAPPORTO CON LA DISABILITA’

In queste pagine affronteremo il problema in un duplice aspetto, parlando sia delle relazioni fra persone disabili e persone non disabili, sia del rapporto dello stesso soggetto disabile con la propria disabilità. Anche la persona disabile ha infatti un rapporto con la disabilità.

Il termine disabilità, a volte viene sostituito da diversa abilità, diversamente abile. E’ giusto, ed indica già uno sviluppo di questo tema: quale rapporto? Il rapporto è alla ricerca del superamento dell’immagine che blocca, per invece scoprire e valorizzare qualcosa. Ma il tutto si complica se la scoperta è difficile e se anche realizzandola si tende a non prendere in considerazione la disabilità banalizzandola e perdendone il senso, nella costruzione della relazione.

1. Il rapporto fra individuo disabile e disabilità

Chi ha una menomazione, deve considerare la propria vita in termini diversi da chi non che l'ha. Ma la diversità non sta nel negare uguali aspirazioni, uguali bisogni; sta nel capire che occorre un percorso originale. E’ come se l’immagine dell’altro o dell’altra venisse percepita dalla persona disabile con la necessità di subire una trasformazione. Se, ad esempio, il percorso della mano abile per raggiungere un oggetto è immediato, per il disabile l’immagine non può essere imitata senza un adattamento particolare o, se vogliamo usare un termine noto, speciale. Deve in qualche modo adattare quel percorso, o quel movimento, che vede fare in maniera istintivamente diretta, alla propria situazione, e quindi deve compiere delle riorganizzazioni delle informazioni che gli giungono semplicemente vivendo accanto ad altri. E così può essere per quanto riguarda le conquiste quotidiane degli oggetti di cui un disabile può avere bisogno. Può organizzare la propria memoria in modo tale da non basarsi unicamente sulle proprie facoltà, ma avere un aiuto organizzativo in oggetti materiali, così come chiunque, disabile o meno, può utilizzare un’agenda per ricordarsi le scadenze e gli impegni.

Forse l’agenda va personalizzata, va organizzata in una maggiore possibilità di autonomia. Questa attività di ri-organizzazione delle informazioni che giungono a una persona disabile, è un percorso di apprendimento vero e proprio, ma non di tipo scolastico. Può avvenire anche all’interno dei percorsi scolastici, ma non necessariamente. Ed è più marcato quando la menomazione, la disabilità, nasce da un evento traumatico che interrompe il percorso di normalità: un incidente sul lavoro, un incidente domestico, un incidente stradale. Da qui nascono delle situazioni che hanno caratteristiche diverse rispetto a quelle proprie di disabili dalla nascita.

Vi sono problemi di accettazione della situazione. Per un disabile, divenuto tale a seguito di un evento traumatico, vi può essere una difficile accettazione della stabilità della propria disabilità, ritenendola una fase transitoria, quindi non impegnandosi a organizzare la sua vita sulle conseguenze permanenti. Oppure vi possono essere delle umanissime ragioni di disperazione per la condizione in cui ci si trova improvvisamente e una eccessiva richiesta ad altri, perché risolvano i propri problemi. Questo punto è comune a chi, disabile, vive o ha vissuto in una dimensione che abbiamo l’abitudine di chiamare assistenziale, una dimensione che è, cioè, costruita attorno alla disabilità come elemento permanente e quindi con la necessità, altrettanto permanente, che gli altri si preoccupino di organizzarsi per dare: per dare aiuto, sussidi, risposte, per risolvere i bisogni.

Questo porta molte volte a considerare la propria disabilità come un buon motivo per rimanere un po’ infantili. Ed è il soggetto disabile che può vivere questa situazione di richiesta continua perché gli altri risolvano i suoi problemi. Questa situazione è negata, molte volte, ritenendo che sia una ingiusta accusa nei confronti di chi è disabile. Di fatto è una situazione problematica che non può essere estesa fuori misura né può far diventare la disabilità una negazione. Sicuramente chi ha delle sofferenze e chi risolve o pensa di aver risolto le proprie in una situazione che chiamiamo assistenziale, può rischiare quello che viene chiamato il vittimismo, cioè la possibilità che nasca una considerazione positiva del proprio ruolo di vittima. Il soggetto, essendo vittima, organizza continui e (nella propria aspettativa) permanenti risarcimenti alla sua condizione, evitando di uscirne, trascurando quindi di ridurre gli handicap, proprio perché tale riduzione potrebbe comportare la perdita dei vantaggi secondari.

Questa è una condizione indotta nei disabili. E’ una società, la nostra, che ha strutture violente anche quando la violenza non si esprime con delle azioni in forma diretta: è una violenza sottile che induce il disabile a chiudersi nella propria condizione di disabile. E quindi questo primo punto va rivolto direttamente a coloro che sono disabili perché acquisiscano una coscienza dei rischi che possono essere insiti nel rapporto con la propria disabilità.

L’handicappato, il disabile, non ha vita facile: deve imparare molte cose e deve imparare a diffidare della propria condizione di disabile, non farla diventare una scusante o un alibi, né tanto meno un "buono" per l’assistenzialismo.

2. La perdita di autonomia

L’autonomia può essere intesa come una capacità di fare. Riteniamo che si debba invece parlare, e agire di conseguenza, con riferimento a una capacità di organizzare. Per questo riteniamo che il passaggio alla condizione adulta di una persona disabile significhi consegnare le chiavi della propria organizzazione alla stessa persona disabile, in modo tale che possa coordinare i propri bisogni e le risposte. Anche non sapendo fare una determinata azione, ha la possibilità di organizzare coloro che fanno. E la necessità è quella che ciò avvenga in maniera tale da non essere un ingombro, da non risultare un peso. Noi abbiamo molti esempi di disabili che hanno una particolare dote nel chiedere agli altri in modo tale che la stessa richiesta si trasformi da qualcosa da ricevere in qualcosa che viene dato agli altri: permettono agli altri di avere un guadagno nel rispondere alle loro esigenze.

Vi sono situazioni in cui l’autonomia ha bisogno di una certa organizzazione che può indurre a dipendenza, perché può abituarsi ad avere come sussidio sempre lo stesso personale e gli stessi aiuti umani. Quello che dobbiamo cercare è, invece, la possibilità di allargare gli aiuti a una rete sociale.

Dobbiamo pensare alla costruzione di una rete sociale che permetta all’autonomia di svilupparsi con maggiori sostegni ottenuti dall’ambiente di vita.

3. La curiosità della gente

Il rapporto tra disabili e non disabili è spesso caratterizzato da una curiosità invadente e da una mancanza di attenzione per gli aspetti di privatezza che sono necessari per la vita di tutti. Se, ad esempio, un disabile, uomo o donna, deve servirsi di un ausilio per la comunicazione, un rischio che può correre è quello di dovere esibire la comunicazione sempre a tutti coloro che sono presenti, senza potere riservare la stessa unicamente a quelli che ritiene di dovere prendere come interlocutori confidenziali.

L’esibizione alla curiosità è uno dei punti su cui vorremmo richiamare l’attenzione.

4. No alla compassione

Essere oggetto di compassione da parte degli altri in maniera permanente è una perdita di dignità reciproca. L’atteggiamento pietistico nei confronti di una persona disabile significa pensare sostanzialmente in termini di "poverino" o "poverina", ed è una modalità di rendere l’altro stabilmente inferiore, subordinato. Fa scattare delle ribellioni o degli adattamenti nocivi ai rapporti. La ricerca di comprensione può essere a volte anche caratterizzata dalla necessità di vincere la resistenza al dover far ripetere le cosa a un disabile che parla con delle difficoltà a essere capito o capita. A volte succede che chi ascolta ritiene di non dover chiedere di ripetere, accetta quello che arriva senza capirlo, sorride e non ha capito; e questo è un grave limite che va nell’ordine della compassione, poco utile se non addirittura dannosa.

Il compianto per l’altro fa sì che l’altro diventi non solo disabile ma soprattutto marginale e, anche non volendolo, soggetto che chiede l’elemosina, povero alla porta dei ricchi abili.

5. La capacità di aiutare

Aiutare è importante, aiutarsi è più importante. Mantenere aperta una possibilità di reciprocità dell’aiuto significa evitare di trasformare i rapporti in rigide organizzazioni di aiuto che possono suscitare vittimismo. Se un handicappato, uomo o donna, ha bisogno di essere aiutato negli spostamenti, l’aiuto va fatto in maniera discreta, senza spettacolarizzare quello che si fa ma cercando di mantenerlo nella dimensione della riservatezza, evitando gesti clamorosi che possono infastidire, confidenze eccessive che sarebbero legate a una conoscenza e a un’amicizia che non c’è. Prendere una persona quasi in braccio non è certamente e sicuramente far provare a quella persona un piacere: può essere imbarazzante. Eppure succede che vi siano tante volte situazioni in cui il civismo venga sostituito nella mente di chi non è invalido, non è disabile, dalla voglia di eroismo: non osservare le regole del civismo ed essere pronti a portare in braccio l’altro, disabile, per permettergli di raggiungere un certo luogo.

No, non è questo quello che una persona disabile desidera, e non è neanche quello che può far bene alla costruzione di un rapporto utile a tutti.

6. La menomazione invisibile

A volte abbiamo a che fare con soggetti che hanno delle difficoltà e non sono immediatamente percepiti come disabili; e quindi possono esservi risposte inadeguate, brusche, impazienti, perché non ci siamo accorti che l’altro, uomo o donna, è - ad esempio - sordo, o sorda, oppure non vede bene, ha delle difficoltà a mettere a fuoco il foglio su cui sono segnate le spiegazioni per un certo servizio. Noi potremmo dare l’impressione di essere bruschi, impazienti, duri, e poi, se improvvisamente ci accorgiamo che l’altro ha qualche disabilità, siamo presi da un senso di colpa che può rendere ancora più difficile un rapporto.

Cosa fare? Parlare, dire con franchezza quello che è accaduto e chiedere scusa; questo a volte serve proprio ad alleggerire una tensione che, molto probabilmente, è reciproca. E’ difficile per chi ha una disabilità invisibile, uomo o donna che sia, immediatamente dire: "Attento tu che mi guardi, tu che mi ascolti!. Attento, perché sono un o una disabile". E’ difficile: non è proponibile, non è esigibile.

Se nella relazione scatta questa difficoltà si può, molto più facilmente di tante difficili azioni di recupero senza parole, parlare e, chiedendo scusa, riparare.

7. Le regole della vita civile

Non abbiamo molte regole da osservare, ma alcune sono fondamentali: ricordiamoci!

1) Andando in automobile,

se c’è un posteggio con il contrassegno per persone disabili, rispettiamolo. Non pensiamo: "Visto che non c’è nessun disabile nelle vicinanze mi è più comodo appoggiare la mia automobile qui che non cinquanta metri più in là". Atteniamoci invece a questo segnale. Prendiamolo come un elemento stabile nella nostra condotta di persone civili che hanno capito come la realtà sia anche fatta di disabili. Facendo invece un’operazione che ritiene che tanto il disabile sia un’eccezione, noi potremmo mettere in difficoltà proprio chi, disabile, sta arrivando alla stazione di servizio con la necessità di potere rapidamente accedere – per esempio – alla toilette, e non riesce a trovare il posto macchina adatto, con gli spazi attorno utili per scendere dall’automobile; se è solo o sola e gli viene negata questa organizzazione nelle sue possibilità, non può far scendere la carrozzella e montarci sopra, e di conseguenza non può accedere alla toilette, andare al bar…

2) Ricordiamoci che:

i marciapiedi e i portici, sono fatti per il transito del passante agile che può anche districarsi tra biciclette, motorini e ostacoli vari, ma non solo. Servono anche alla persona cieca che procede con un bastone, esplora, ma ha bisogno di uno spazio sempre transitabile (non di un percorso di guerra!) o alla persona in carrozzella che ha bisogno dello spazio per passare, o a chi deve appoggiarsi alle stampelle. L’ingombro sui marciapiedi, causato da una macchina posteggiata dove non dovrebbe o da una bicicletta messa di traverso, non è il segno di un buon aiuto civile. E’ segno di una grave disattenzione.

3) I passaggi delle carrozzelle per accedere agli edifici:

a volte non si pensa, ed è colpevole questa spensieratezza, che per accedere a un edificio da una strada, bisogna lasciare dei varchi a chi in carrozzella deve avere spazio sufficiente per transitare. E invece i varchi sono chiusi da uno schieramento di motociclette, di biciclette, di motorini. Anche questo è un grave fatto di disattenzione colpevole.

Queste piccole regole nell’organizzazione della vita civile sono assolutamente trascurate nel nostro paese. Abbiamo un triste primato: l’inosservanza di queste poche, semplici attenzioni, costanti, non straordinarie.

DISABILITA' FISICHE

(Il testo sulle differenti disabilità e relativi suggerimenti di comportamento è stato realizzato in base ad alcune indicazioni che erano state elaborate da un gruppo, nel settore dell’educazione speciale, in Svizzera nel 1981, su invito dell’Unione di Banche Svizzere.)

Le menomazioni fisiche sono di svariata natura.

Spesso le menomazioni visibili sembrano più serie di quanto lo siano effettivamente. È quasi incredibile come, invece, si riesca ad adattarvisi: vi sono sciatori con una sola gamba, nuotatori privi degli arti inferiori, casalinghe con un solo braccio, paralitici esperti in elettronica e così via. Queste persone, con le capacità loro rimaste, sono riuscite a sviluppare nuove abilità e a compensare la perdita subita. Di contro altre menomazioni, come ad esempio quella di chi è debole di vista (ipovedente) o sordo, poiché non sono evidenti, molte volte non vengono prese in considerazione.

Persone con problemi agli arti

Esiste una grande differenza tra persone paralizzate negli arti inferiori (paraplegici) e invalidi che non possono usare né gambe né braccia (tetraplegici). I primi sono pienamente efficienti nella parte superiore del corpo, mentre gli altri spesso dipendono dall'aiuto altrui in molte situazioni quotidiane (mangiare vestirsi, azionare la carrozzella per muoversi, scrivere, ecc.). Anche nel caso di problemi che riguardano gli arti superiori, diverso è il caso di chi dispone ancora di un braccio (che può ad esempio radersi, vestirsi e perfino guidare l'automobile) rispetto a chi ne è privo. Chi invece ha menomazioni alle mani ha bisogno di essere aiutato solo in azioni particolari, ad esempio stappare una bottiglia, aprire una lattina, tagliare il pane o portare oggetti.

Le persone con difficoltà di deambulazione in genere apprezzano chi si adegua alla loro andatura, chi le protegge nella calca, le aiuta a salire le scale o a portare oggetti e chi li soccorre quando il fondo stradale è difficile, soprattutto in inverno. Uno dei loro maggiori problemi è salire o scendere dai mezzi pubblici.

Molte di queste persone possono essere a disagio per il comportamento della gente nei loro confronti. Soprattutto il disabile su sedia a rotelle può incontrare persone che gli danno del tu, battendogli familiarmente una mano sulla spalla, accarezzandolo e parlandogli come a un bambino. Altri lo ignorano completamente, intrattenendosi solo con il suo accompagnatore.

I disabili costretti ad usare le stampelle possono necessitare di aiuto per sedersi o alzarsi, nonché per superare l'ostacolo delle scale. Il solo atto di porgere la mano costituisce per molti di loro un problema. Alcuni non sanno dove appoggiare le grucce, altri non possono privarsene senza correre il rischio di perdere l'equilibrio.

COME COMPORTARSI CON I DISABILI MOTORI

Parlando in particolare di persone su sedia a rotelle, ricordiamo che più si è naturali, più tutto diventa semplice. Ecco alcuni suggerimenti.

Regola principale: trattate l'individuo in carrozzella da pari a pari: non fare mai nulla senza prima chiedergli che cosa desidera.

Se è accompagnato da una persona, evitate di rivolgervi principalmente o solo al suo accompagnatore. Se invece lo state accompagnando, evitate atteggiamenti troppo "protettivi": se un bambino o un'altra persona parla direttamente a lui, consideratelo come un fatto normale.

Il disabili ha piacere di vedere con chi parla senza dover allungare il collo: in caso di colloqui prolungati sedete alla sua stessa altezza.

Tra la folla, spingete la carrozzella con prudenza. Il disabile sarebbe molto imbarazzato se andasse a urtare qualcuno.

Nell'attraversare una strada con traffico intenso e nel superare i gradini, la persona su sedia a rotelle si sente completamente nelle mani dell'accompagnatore: una discesa rapida diventa un incubo.

Ciechi e ipovedenti

La cecità è una delle menomazioni più facilmente "constatabili": basta chiudere gli occhi.

La realtà però è ben diversa. Chi vede, infatti, ricorda tutto quanto hanno captato i suoi occhi: sa come è fatto un bicchiere, come funziona un ascensore, come si compone un numero telefonico, come si usa la cucina a gas e mille altre cose ancora. In questo senso esiste anche una differenza tra chi è cieco dalla nascita e chi lo diventa in seguito a incidente o malattia. Se il secondo caso, per molti versi, è più traumatico, nel primo occorre trovare la capacità di inventarsi un mondo intero. Ignora forme e colori e deve servirsi di tutti gli altri sensi per potersi orientare nell'ambiente che lo circonda.

Ciò gli crea un sacco di problemi. Il cieco non può, per esempio, leggere in uno sguardo o interpretare un gesto. Non gli servono né i "qui" né i "là", non può scorgere né un cenno del capo né un sorriso, non vede da che parte si apre una porta. Inoltre, se il rumore della strada è assordante, ha spesso difficoltà nel districarsi in mezzo al traffico. Se accompagnato, molte volte vive nel timore di perdere la sua guida.

La presenza del bordo del marciapiede, che costituisce un ostacolo per la persona su sedia a rotelle, rappresenta invece per il cieco un valido aiuto per orientarsi. Perciò le zone pedonali livellate - che nelle città si vanno sempre più diffondendo - sono molto utili per gli invalidi in carrozzella, per i ciechi costituiscono purtroppo uno svantaggio. Chi è provo della vista ha spesso difficoltà a partecipare a colloqui, in quanto non sa a chi si deve "rivolgere". Se non conosce la ragione per cui attorno a lui si ride, diventa insicuro. In poche parole, il cieco ha sempre bisogno di spiegazioni.

Per tutti questi motivi, nei ciechi gli altri sensi si sviluppano maggiormente e meglio. Con l'andare del tempo il cieco acquista, per esempio, un'eccellente sensibilità tattile (chi però si lascia toccare volentieri?) o una particolare percezione dei rumori. Nella maggior parte dei casi riconosce la gente dalla voce. Eppure, malgrado tutte queste capacità, è errato ritenere che i ciechi possiedano una specie di sesto senso!

Molti ciechi vivono in modo autonomo o riescono a cavarsela bene con l'ausilio del bastone bianco o del cane guida. A prescindere dalla loro menomazione, i ciechi sono del tutto uguali agli altri. Poiché però di solito i loro rapporti con il mondo esterno sono in parte limitati, rischiano di sentirsi soli e abbandonati.

Per gli ipovedenti le cose vanno un po' meglio, ma la loro vita è pur sempre molto difficile. Possono, è vero, distinguere luci e ombre oppure i contorni dell'oggetto ma, ad esempio, riconoscono una scala solo dal basso verso l'alto e se devono scendere una rampa fanno fatica a trovare il primo gradino. E, poiché la loro menomazione non è così evidente, spesso non viene presa in considerazione.

COME COMPORTARSI CON I DISABILI VISIVI

Anche in questo caso, è essenziale la naturalezza. Per facilitare i rapporti, è inoltre importante osservare essenzialmente i punti seguenti.

Avvicinandovi a un cieco, fatevi notare per tempo. Tenente presente che non vi vede e non conosce la vostra identità. Ditegli quindi anzitutto chi siete.

Non si dovrebbe mai prendere un cieco per un braccio e guidarlo. Offritegli invece il vostro braccio, che afferrerà al di sopra del gomito. In tal modo non occorrerà suggerirgli la direzione: con la vostra guida si orienterà. Lo si dovrà precedere soltanto in punti stretti.

Non dimenticate che non può vedere un sorriso o un cenno del capo. Dovete perciò parlargli.

Avvertitelo quando si sta per attraversare una strada, per lasciare o raggiungere un marciapiede.

Non allontanatevi mai senza aver preso commiato. È per lui penoso accorgersi di parlare a una persona che nel frattempo si è allontanata.

Non seguitelo mai con l'intenzione di aiutarlo in caso di necessità. Egli percepisce la vostra presenza e si sente a disagio.

Per aiutare un cieco a salire su un mezzo di trasporto pubblico, basta mettergli una mano sulla maniglia o sul corrimano e avvisarlo se un gradino è particolarmente alto. Trattandosi di una scala, fategli notare il primo e l'ultimo gradino.

Se desiderate offrirgli un posto a sedere, fategli poggiare semplicemente una mano sullo schienale della sedia. Trattandosi di una poltrona, occorre accompagnare la mano al bracciolo e precisare da quale parte è la poltrona stessa.

Quando deve salire su una automobile, fategli posare una mano sul bordo superiore della portiera aperta. Con l'altra il cieco si orienterà, toccando il tetto della vettura, poi prenderà posto.

Se dovesse aver perso l'orientamento, elencategli semplicemente ciò che gli sta davanti, dietro, a destra e a sinistra.

Il cieco e il suo cane guida costituiscono un insieme perfettamente affiatato: il cane non va distratto dal suo compito. Porgete quindi il vostro aiuto solo se espressamente richiesto.

Trovandovi a tavola con un cieco, chiedetegli se potete essergli d'aiuto. Spiegategli che cosa c'è nel piatto e come sono disposti i cibi sull'esempio di un quadrante d'orologio. Così gli potrete per esempio dire: i legumi sono sulle ore 6, la salsiccia sulle ore 10, e così via. Indicategli dove si trova il bicchiere e non riempiteglielo troppo. Se fuma, porgetegli un posacenere.

Nel dargli qualcosa, chiamatelo per nome e toccatelo leggermente.

Per i ciechi e i deboli di vista l'ordine è molto importante: ogni cosa ha il suo preciso posto. Nella loro abitazione, mettete sempre al loro posto gli oggetti usati.

Se in un locale, cui sono abituati, viene spostato un oggetto, devono saperlo.

Se li aiutate a togliersi il mantello, dite sempre dove lo posate o l'appendete. In treno, avvisategli che il bagaglio si trova nella reticella proprio sopra di loro.

Se volete leggere a un cieco un articolo di giornale, elencategli dapprima i titoli, affinché possa scegliere quello che gli interessa.

Le auto parcheggiate sul marciapiede possono rappresentare per il cieco ostacoli pericolosi.

Ai ciechi parlate sempre con la massima naturalezza e il tono di voce abituale.

Sordi e deboli di udito

In passato i sordi erano anche muti e venivano perciò chiamati "sordomuti". Mentre la sordità è perlopiù inguaribile, attraverso una speciale rieducazione terapeutica i muti, con la lettura labiale, acquistano l'uso della parole. In tal modo da "sordomuti" diventano "sordoparlanti". A volte imparano anche le lingue straniere.

Imparare una limgua servendosi di 25 lettere mai udite è un lavoro enorme. Tuttavia con l'osservazione acuta e lunghi anni d'esercizio la maggior parte ci riesce. Il vocabolario del sordoparlante rimane comunque limitato. Conosce soprattutto espressioni concrete (come molle, duro, quadrato, rotondo), mentre spesso gli mancano quelle astratte. Incontra difficoltà quando si trova di fronte a sottigliezze linguistiche, come ad esempio "avvenente", "attraente", o "grazioso" invece di "bello". Siccome non conosce la propria voce, parla più o meno senza modulazioni e spesso in un tono insolito. Gli manca perlopiù anche la varietà dei costrutti sintattici. Nonostante queste limitazioni, nella vita di ogni giorno è difficile distinguerlo da coloro che ci sentono: anche la sordità è una menomazione invisibile. Poiché a nessuno piace passare per minorato, il sordo cerca di nascondere più che può la propria menomazione, per esempio approvando con un cenno del capo anche se non ha compreso nulla di ciò che si è detto. Per non essere costretto a rispondere, in certi casi evita la gente, esattamente come si comportano le persone che odono nei suoi confronti, in quanto non osano parlargli.

Per questi motivi, a molti sordi viene a mancare proprio ciò di cui hanno maggiormente bisogno: il contatto umano, l'occasione di parlare e la possibilità di esprimere i propri sentimenti. Per colui che non sente, anche la lingua madre è praticamente straniera. Minori sono le occasioni di parlare, maggiore è il pericolo di perdere la parola. Quindi, se conoscete o incontrate una persona affetta da sordità, cercate di intrattenervi con lei. Al di là della loro disabilità, i sordi possono partecipare alla vita normale, esercitano le più svariate professioni e sono, soprattutto tra di loro, persone allegre e socievoli.

COME COMPORTARSI CON LE PERSONE SORDE

Non parlate mai in dialetto: nelle apposite scuole, il sordo impara solo la lingua scritta, che gli permette anche di leggere.

Fate in modo che il vostro viso sia sufficientemente illuminato, in quanto egli è abituato a leggere le parole dal movimento delle labbra.

Non è necessario alzare il tono della voce più del normale: il sordo riesce a capirci anche se non emettiamo alcun suono.

Non parlate troppo in fretta, ma neanche troppo lentamente; parlate in modo chairo, tuttavia senza esagerare.

Sono preferibili concetti chiari e frasi semplici.

Una mimica non esagerata gli consente di capire meglio. I gesti specifici del linguaggio normativo dei sordomuti vanno usati soltanto da chi li conosce bene.

Ricordate che i sordi non possono seguire contemporaneamente i movimenti delle vostre labbra e i gesti o la spiegazione di un procedimento lavorativo. Si deve quindi dapprima indicare o eseguire, poi spiegare.

In presenza di un sordo, non parlate di lui con altri. Dato che non ode, osserva attentamente ogni movimento e ogni sguardo onde potrebbe trarne conclusioni errate.

Le parole non sempre sono il mezzo migliore per comunicare con un sordo. Spesso è più eloquente un cenno amichevole, l’invito a prendere un caffè, ecc.

Spesso il sordo vede e avverte con straordinaria sensibilità ciò che non sente. Tale prerogativa può influire sul suo comportamento.

Ogni persona priva dell’udito è lieta se si cerca di parlare o di farla entrare in una conversazione: provateci!

Accertatevi che il debole d’udito abbia ben capito tutto. Ciò è particolarmente importante in caso di accordi. Se necessario, ripetete quanto detto eventualmente con altre parole o formulando le frasi diversamente.

Cercate di far partecipare il debole d’udito alla conversazione di gruppo e informatelo sul tema di discussione, se necessario con brevi cenni scritti.

Aiutatelo sul posto di lavoro, avendo cura che riceva in modo esatto le informazioni e le comunicazioni importanti.

Non scordatevi che, per seguire il filo del discorso, il debole d’udito deve concentrarsi al massimo e quindi si stanca più rapidamente di una persona normale. Se la conversazione è lunga, fate di tanto in tanto una pausa.

Incoraggiate chi sente poco a sfruttare ogni possibilità di aiuto disponibile (consultazione di otoiatri, applicazione di apparecchi acustici, terapie d’ascolto). Ciò gli consentirà di migliorare i contatti umani.

Disabili mentali

Anche per questi disabili è necessario il contatto con le persone normodotate. Generalmente il disabile mentale facilita i rapporti: per natura non è né inibito né diffidente, ma disponibile. La sua intelligenza ridotta non deve però indurre a parlargli un linguaggio infantile, in quanto il più debole di mente capisce spesso molto più di quanto si supponga. Molti hanno inoltre una memoria particolarmente buona. Non è giusto che a un debole di mente adulto si dia del "tu" come a un bambino, anche se ha un’intelligenza a livello puerile. Ha diritto al "Lei" esattamente come qualsiasi maggiorenne normale, a meno che non si convenga di adottare reciprocamente il "tu".

Nei rapporti con il disabile mentale va considerato che non agisce con la ragione. Il suo animo è comunque aperto alla bontà e alla comprensione.

I bambini subnormali eagiscono con estrema sensibilità alle dimostrazioni d’affetto e alla lode. In seno alla propria famiglia hanno quindi la migliore possibilità di svilupparsi. Il rapporto con loro richiede spesso molta pazienza. Le cosa vanno costantemente ripetute. Non si deve mai chiedere troppo in una volta bisogna procedere lentamente e gradatamente, mostrando loro come va eseguita un’azione completamente nuova. E naturalmente non si devono tralasciare controlli e lodi. Non siate parchi di complimenti: ogni buona parola infonde loro fiducia in se stessi e li incita a progredire.

COME COMPORTARSI CON I DISABILI MENTALI

Rispondete sempre alle loro domande, anche se talvolta sono imbarazzanti o vengono poste ad alta voce.

Molti disabili mentali si servono dei mezzi di trasporto pubblici in modo del tutto autonomo e conoscono esattamente il loro percorso. In prossimità della meta, temendo di andare oltre, si precipitano con timor panico verso l’uscita. Una deviazione dal tragitto normale può disorientare completamente un disabile mentale: nella maggior parte dei casi non è più capace di ritrovare la via di casa. In una situazione del genere chiedetegli dov’è diretto oppure il suo numero di telefono e avvertite quindi i responsabili.

I bambini hanno un rapporto con i disabili mentali più naturale degli adulti. Perciò non impedite mai a un bambino di giocare con un compagno disabile.

Sul posto di lavoro motivate il collaboratore mentalmente disabile; trasmettetegli il messaggio che si ha bisogno di lui e che ha un compito ben determinato da svolgere.

Epilettici

L’epilessia è una parola che più o meno tutti hanno sentito pronunciare, ma di cui molte persone non conoscono veramente il significato.

La prima domanda da farsi è: che cos’è una crisi epilettica?

La crisi epilettica rappresenta la manifestazione tipica della malattia; è scatenata da un improvviso eccesso di attività delle cellule del cervello. Le crisi epilettiche possono essere paragonate ad una scarica imprevista di impulsi elettrici non controllati, nel cervello o in parte di esso. La scarica inizia all’improvviso e termina più o meno rapidamente. Fra una crisi e l’altra generalmente non è presente alcun disturbo.

Perché si possa parlare di epilessia, è necessario che compaiano almeno due crisi e che la crisi si presenti nel tempo a intervalli più o meno lunghi.

Come si manifesta una crisi epilettica?

Le crisi epilettiche possono manifestarsi in tanti diversi modi, con disturbi improvvisi della coscienza, con movimenti o con sensazioni insolite, a seconda dell’area del cervello colpita. Esistono, per esempio, aree che controllano i movimenti, il ritmo del cuore e del respiro, centri nei quali si formano il linguaggio e le emozioni, altri che sono essenziali per la memoria, l’apprendimento e il pensiero.

Quando pensiamo all’epilessia, ci vengono subito in mente la perdita di coscienza, la caduta a terra e la comparsa di scosse in tutto il corpo, caratteristiche della "crisi del grande male". Tuttavia esistono tante forme della malattia, specialmente nel bambino: la conoscenza delle diverse manifestazioni è estremamente importante perché molte volte l’andamento della malattia diventa nettamente più favorevole se è identificata in tempo e opportunamente trattata.

Alcuni dati

Circa 5-10 bambini ogni 100 si ammalano di epilessia.

In circa il 20% dei pazienti l’epilessia compare entro i primi 5 anni di vita; nel 50% dei casi si sviluppa prima dei 25 anni. Nel 65-85% dei bambini affetti da epilessia non è possibile identificare una possibile causa specifica della malattia. Un terzo circa dei bambini affetti da epilessia guarisce entro l’adolescenza.

Grazie ai progressi terapeutici conseguiti negli ultimi anni, in oltre la metà delle persone è già possibile ottenere una remissione della malattia dopo il primo anno.

In ogni caso, tutte le persone che si ammalano di epilessia possono essere aiutate a non avere ricadute e ad affrontare i problemi della vita quotidiana; e oggi si può migliorare l’andamento della malattia, perché sta migliorando il modo di utilizzare i farmaci e di intervenire sulla persona.

In particolare, se si ha un bambino con epilessia è importante il prezioso contributo di tutta la famiglia.

Che cosa succede ad un genitore con un figlio affetto da epilessia?

A volte i genitori tendono ad essere ansiosi e "iperprotettivi" nei confronti di un figlio affetto da epilessia. Tale atteggiamento può essere dannoso per lo sviluppo del senso d autostima, può creare nel bambino eccessivi imbarazzi e paura di essere trattato in maniera diversa dai compagni per via della sua particolare condizione.

E’ importante parlare apertamente con il bambino e rassicurarlo perché ciò aiuta ad accettare il proprio disturbo e a vivere serenamente come tutti gli altri bambini.

INFORMAZIONI UTILI NEL CASO DI UNA CRISI

In presenza di una crisi le cose da fare sono le seguenti:

· Se la persona cade, tenerla distesa su un fianco senza bloccarle i movimenti

· Metterle qualcosa di morbido sotto la testa

· Osservare bene che cosa succede durante la crisi

· Aspettare che la crisi passi

· Tranquillizzare la persona quando si riprende

· E soprattutto non spaventarsi!

Nel corso di una crisi è consigliabile chiamare il medico soltanto quando:

· La crisi dura più di 5 minuti

· La persona stenta a riprendersi

· Manifesta una seconda crisi

· Ha difficoltà a respirare

· Sono evidenti lesioni o ferite.

 

L’autismo

Le persone autistiche hanno diversi comportamenti. Alcuni sono molto ripiegati su se stessi e sono quelli che hanno fatto coniare questo termine autismo. Altri hanno dei comportamenti più legati a una necessità di ripetere gesti, parole, di avere riferimenti costanti ripetitivi. Non sembrano tanto ripiegati su loro stessi quanto organizzati in una forma quasi coattiva, che non permette loro di liberarsi o di affrontare facilmente le situazioni nuove.

L’autismo ha quindi al suo interno caratteristiche differenti – per questo, alcuni studiosi preferiscono parlare di autismi - e può essere ricondotto a una difficoltà: la reciprocità. Le persone autistiche hanno delle difficoltà a stabilire delle reciprocità. È utile sapere che avere dei comportamenti chiari, dei riferimenti costanti, un quadro organizzato di tempo e spazio, aiuta la persona autistica: permette, per esempio, di stabilire delle buone relazioni. La comunicazione è una ricerca ed è facilitata se vi è chiarezza di riferimento agli oggetti, allo spazio, al tempo. È agevolata anche se il nostro stesso modo di porci nei confronti di una persona autistica è capace di superare l’impaccio e la paura, sviluppando una certa chiarezza di espressione. Se anche non è recepita immediatamente, si apre alla possibilità a che sia recepita in seguito.

Non sempre la ricezione della comunicazione è manifesta, proprio per questa difficoltà di reciprocità. E’ quindi necessario vivere una situazione con perseveranza. Nella perseveranza, la considerazione dell’altro e della sua dignità umana, dovrebbe portare ad escludere comportamenti violenti o persecutori, per scegliere invece atteggiamenti chiari e dolci, fermi e tranquilli, ripetuti e aperti al nuovo.

 

LE "BUONE PRASSI"

Ormai entrata nell’uso comune delle lingue europee, l’espressione "buone prassi" indica le azioni necessari a trasformare le organizzazioni culturali, sociali, istituzionali, perché tengano conto di una realtà completa e non amputata.

Amputata di che cosa? Di tutto ciò che non rientra nel concetto di normalità, e che proprio per questo sparisce dall’attenzione di chi costruisce quelle organizzazioni. Sembra un discorso scontato, ma non è così.

Chi progetta la rete dei trasporti, i servizi bancari e postali, le stazioni ferroviarie, le biblioteche e le aule universitarie ha in mente degli "standard": un’astratta "gente normale". E non già una realtà che contiene concretissime differenze, tra queste, le disabilità.

Adottare buone prassi significa quindi sforzarsi di conoscere meglio la realtà, per progettare strutture più utili e funzionali e che si perfezionano di giorno in giorno.

Le stazioni ferroviarie ne sono un esempio.

Più volte abbiamo rilevato, con il contributo di persone disabili, che il personale delle ferrovie ha una disposizione d’animo assai positiva, ed è quindi capace di risolvere molte situazioni difficili. Spesso ciò avviene grazie ad un modello organizzativo che non è presente in tutte le stazioni ma, dove è presente, è costruito secondo l’idea di percorsi diversi per esigenze diverse.

Chi ha una disabilità dovrebbe segnalarsi per tempo, possibilmente con un certo anticipo, per potere usufruire di servizi personalizzati: accesso al binario attraverso vie diverse da quelle degli altri viaggiatori, possibilità di accesso a un bagno attrezzato e riservato ecc. Condizioni che, a guardar bene, possono essere utili non solo ai disabili conclamati, ma pure agli anziani, a chi ha una gamba ingessata, alle donne incinte o con bambini piccoli da controllare, a chi non riesce a portare il proprio bagaglio, o ancora a chi parla un’altra lingua e appartiene a un’altra cultura. Pesino fare il biglietto non è sempre così facile per tutti. Certo, una stazione ferroviaria non si modifica con un colpo di bacchetta magica. E’ però possibile avere in testa un modello ideale e sfruttare ogni occasione di ammodernamento o di manutenzione per costruire una buone prassi.

Riconoscere una realtà nella sua ricchezza e nella sua complessità è dunque il fondamento delle buone prassi.

Ma questa non è un’operazione semplicissima. Perché? Il difetto di molti problemi non è quello di essere insolubili ma quello di essere urgenti.

Le stesse persone disabili potrebbero richiedere qui ed ora percorsi speciali, con disponibilità, sostegni e ausili particolari, piste facilitate….. La soddisfazione immediata del bisogno, il superamento quale che sia dell’ostacolo – costi quel che costi e non importa come – non valgono infatti per la progettazione e la creazione di un sistema organizzativo che elimini o riduca al minimo gli ostacoli. Per questo le persone disabili devono essere pienamente coinvolte nel momento della progettazione di tale sistema e nella comprensione logica che governa le buone prassi.

Ma una buona prassi esige anche capacità di conversione delle attitudini e delle abitudini da parte di molte professioni, si potrebbe dire di tutte. E’ evidente, o dovrebbe ormai esserlo, che le buone prassi riguardano l’organizzazione sociale nel suo complesso e quindi tutti coloro che ne fanno parte, compresi quelli che mai avrebbero creduto di doversi occupare di persone disabili.

Le buone prassi nascono da un atteggiamento culturale che vorremmo si diffondesse: quello di chi si sente responsabile, e cerca nelle proprie vicende umane la competenza da riconvertire in funzione di una rete sociale a cui tutti apparteniamo.

Perché tutti apparteniamo a un gruppo umano che ha bisogni simili, e in questo "noi" vi è tanto la persona disabile quanto quella atleticamente prestante, tanto la persona giovane quanto quella che ha una età avanzata, che ha difficoltà di realizzare i suoi compiti, in autonomia, che ha bisogno degli altri.

La persona molto capace di far da sé e la persona molto bisognosa dell’aiuto degli altri hanno bisogni comuni. E questa è la larga base della piramide.

Ciascuno, poi, porterà il suo vertice verso bisogni più individualizzati, ma sempre appoggiando i piedi su questa base comune.

 SOMMARIO

 


L’ACCESSIBILITA’

Si usa il termine accessibilità quando ci si riferisce ai dispositivi e agli accorgimenti che consentono l’uso del mezzo informatico da parte di chi ha problemi legati a qualche forma di disabilità. Lo stesso termine viene usato, sempre nell’ambito della disabilità, con riferimento alla possibilità di superamento delle barriere architettoniche e il concetto che lo accompagna è lo stesso. Non solo occorre scavalcare l’ostacolo, ma il suo scavalcamento deve essere il meno possibile complicato e faticoso. Tuttavia nel caso dell’accesso a mezzi di locomozione ed edifici è preferibile il termine mobilità, mentre accessibilità è riservato all’uso dei mezzi informatici.

L’ACCESSIBILITA’ INFORMATICA

Le "Iinterfacce"

Una applicazione informatica si presenta, propone interventi, riceve comandi, organizza l’acquisizione dei dati e la presentazione dei risultati e, in generale, comunica con l’utente, attraverso una interfaccia che è indicata col nome interfaccia di utente. E’ a questo tipo di interfaccia a cui si fa riferimento parlando di accessibilità.

L’ambiente informatico e telematico nel quale maggiormente è evidente il boom delle interfacce basate sulla multimedialità è certamente la rete Internet, e in particolare la componente World-Wide-Web di essa, crocevia per lo scambio di informazioni e per gli affari e fucina di continue innovazioni tecnologiche. Aumentando le innovazioni aumentano però anche i rischi di trascurare le esigenze di chi è esposto a handicap di comunicazione nell’uso del computer. Organizzazioni particolarmente sensibili e autorevoli si sono perciò trovate d’accordo nel rendere pubbliche e nel diffondere raccomandazioni per garantire che le pagine dei siti Web siano accessibili.

Le raccomandazioni per l'accesibilità

Il "Trace Center" della Università del Wisconsin (Madison, USA) è stato il primo promotore della diffusione di raccomandazioni e guide per gli utenti che volessero conferire caratteristiche di accessibilità alle loro pagine Web. Ha anche definito programmi in grado di esaminare le pagine pubblicate su un determinato sito e di rilasciare un "bollino" che ne certifica la accessibilità. Successivamente l’iniziativa del Trace Center è confluita nella Web Access Initiative (WAI) del World-Wide-Web Consortium (W3C). Questo consorzio, promosso da organizzazioni degli USA, dell’Europa e del Giappone, è presieduto dall’ideatore del World Wide Web e conta oltre 500 membri fra cui i principali enti e aziende, pubblici e privati, informatici e non, del mondo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri è, ad esempio, uno dei membri italiani.

Informazioni sul W3C sono disponibili al sito http://www.w3c.org.

La WAI è una delle molte iniziative, relative allo studio e alla promozione degli aspetti della universalità di Internet, del W3C ed è basata sul presupposto che l’informazione è un diritto per tutti e deve essere quindi accessibile a tutti.

Il gruppo WAI del W3C ha prodotto finora diversi documenti. Per prendere visione dei documenti contenenti le ultime linee guida per l’accessibilità si può accedere all’indirizzo di rete http://www.w3.org/wai .

Le raccomandazioni emesse dal WAI si preoccupano di:

Coloro non in grado di vedere, di udire, di muoversi, o non in grado di trattare con facilità o non trattare del tutto certe informazioni.

Coloro che hanno difficoltà a leggere o a comprendere i testi.

Coloro che non dispongono di tastiera o di mouse o non sono in grado di usarla.

Coloro che hanno schermi a solo testo, uno schermo piccolo, o un collegamento a Internet lento.

Coloro che non parlano o non capiscono il linguaggio nel quale un certo documento è scritto.

Coloro che sono in una situazione nella quale i loro occhi, orecchi e mani sono impegnati o in qualche modo impediti (per es. guida dell’auto per recarsi al lavoro, ambiente di lavoro rumoroso).

Coloro che non dispongono dell’ultima versione di un browser, hanno un browser totalmente diverso, un browser a voce, o un diverso sistema operativo.

Come si vede, solo la prima categoria di utilizzatori di Internet per i quali sono pensate le raccomandazioni include persone che normalmente indichiamo come "disabili". La seconda si preoccupa dello svantaggio culturale o sociale mentre tutte le altre riguardano tutti gli utenti.

Documentazione in lingua italiana sulla accessibilità si può trovare, sulla rete Internet, agli indirizzi

etabeta.iroe.fi.cnr.it/accesso/accesso.htm

www.webusabile.it

La normativa italiana sulla accessibilità è consultabile, sempre dalla rete Internet, al sito della Autorità Italiana per la Pubblica Amministrazione (AIPA), all’indirizzo

www.aipa.it

 

Il "Design for all"

Il tema della accessibilità ai mezzi informatici si collega, e ne fa parte, a un tema più vasto che è quello noto come Design for All, tradotto in italiano col termine progettazione universale.

Significa la progettazione di prodotti e ambienti che possano essere usati da tutte le categorie di persone nel senso più ampio possibile, senza dover ricorrere ad adattamenti o a progettazione separata. Quello che il design for all si propone di raggiungere, è dunque l’ottimizzazione della usabilità di un prodotto sull’insieme dei suoi potenziali utenti.

E’ difficile definire in modo rigoroso e chiaro per tutti cosa sia l’usabilità (noi tutti sappiamo meglio quando un prodotto non è usabile) ed è quindi una direzione in cui operare, indicata dall’ISO (International Standard Organization), più che una soddisfacente, completa e definitiva raccolta di prescrizioni. Tuttavia per disabili e anziani, un mercato che sappiamo tutt’altro che limitato e in crescita percentuale, si tratta di un’iniziativa assolutamente meritoria.

Per conoscere maggiormente lo stato, le proposte, i chi e dove relativamente a questo argomento e in particolare ai suoi collegamenti con la disabilità, si possono visitare i siti Internet

www.ict.etsi.fr/activities/Design_for_All/INDEX.htm

www.design-for-all.org

 

MOBILITA'

Le barriere architettoniche

COSA DICE LA COSTITUZIONE

"E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese. .." (Art. 3)

IL DIRITTO ALLA MOBILITA’

Le barriere architettoniche ovvero gli ostacoli all'uguaglianza

Le cosiddette barriere architettoniche sono tutti gli ostacoli che impediscono alle persone con difficoltà motorie e/o sensoriali di muoversi nell’ambiente domestico, in città, di frequentare la scuola o raggiungere il posto di lavoro, di socializzare e scegliere in piena autonomia.

Si tratta dunque di scale, porte strette, ascensori piccoli, marciapiedi, ostacoli sui percorsi, ma anche difficoltà di orientamento, assenza di elementi che migliorano il comfort in situazioni di attesa forzata, sedute per il riposo, pannelli informativi che migliorano l’orientamento, e così via. Questi ostacoli possono negare il diritto alla mobilità e alla vita relazionale aumentando il disagio in generale.

La legislazione per il superamento delle barriere architettoniche, nonostante i passi avanti compiuti, trova ancora troppe difficoltà ad essere applicata.

UNA SCALATA A TAPPE

Legge n. 118 del 1971 Prevede l’eliminazione delle barriere;

D.P.R. n. 384 del 1978 Abrogato dal D.P.R. 503/96, era lo strumento di attuazione della Legge 118;

Legge n. 41 del 1986 Prescrive a tutt’oggi la realizzazione di piani per l’eliminazione delle barriere da parte degli enti pubblici;

Legge n. 13 del 1989 Dispone norme per il superamento delle barriere negli edifici privati e privati aperti al pubblico;

Circ.M.LL.PP. n. 1669 del 1989 E’ la circolare esplicativa della Legge 13/89;

D.M.LL.PP. n. 236 del 1989 Contiene il regolamento di attuazione della legge n. 13/89;

Legge n. 15 del 1991 Garantisce il diritto al voto delle persone con disabilità attraverso l’accessibilità dei seggi;

Legge n. 104 del 1992 La legge quadro sull’handicap stabilisce gli adempimenti per gli enti e, per la prima volta, le sanzioni;

D.P.R. n. 503 del 1996 Reca le norme per l’eliminazione delle barriere negli edifici pubblici.

UN PRIMO PASSO SIGNIFICATIVO

Già dalle prescrizioni dell'art. 27 della legge 118/71 si evidenziava che, per le opere pubbliche o aperte al pubblico, erano da applicarsi obbligatoriamente differenti parametri e relative modalità tecniche nella progettazione. Le modalità tecniche erano contenute in una precedente norma: la Circ. Ministero LL.PP. n. 4809/69.

Quindi ne discende che fin dal 1971 i progetti di costruzione e di ristrutturazione di opere pubbliche o aperte al pubblico avrebbero dovuto rispettare le prescrizioni di legge, oppure non essere approvati nelle sedi competenti (Comuni, Regioni, Stato, ecc.), in modo particolare per le opere pubbliche sulle quali avrebbe dovuto essere concentrata la massima attenzione da parte dei relativi Enti.

UN PASSO AVANTI

Le norme della legge 41/86 (art. 32)

Si stabilisce che:

- i progetti di costruzione e ristrutturazione di edifici pubblici o con finanziamenti pubblici con barriere non possono essere approvati e quindi finanziati;

- le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di dotarsi di piani per l’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici di loro proprietà;

- tutte le iniziative per l'eliminazione delle barriere architettoniche potranno ottenere contributi e finanziamenti.

Le suddette norme, inserite per la prima volta in una legge di carattere generale (legge finanziaria) rappresentano un notevole passo avanti, ma non bastano...

Per effetto di tali preesistenti normative la tematica del superamento delle barriere architettoniche era riferita essenzialmente agli edifici pubblici e a quelli privati aperti al pubblico (art. 27 L. 118/71) e, soltanto marginalmente, anche a quelli di edilizia residenziale pubblica (art. 17 D.P.R. 384/1978).

Rimanevano pertanto quasi del tutto estranei alla considerazione del legislatore gli edifici ove, di norma, si svolge una considerevole e, sotto taluni aspetti, primaria sfera della vita di relazione delle persone: gli edifici privati e quelli destinati ad uso abitativo.

A colmare tale lacuna è intervenuta la L. 13/89.

UN ALTRO PASSO AVANTI

Le norme della legge 13/89, ovvero la possibilità di abitare e frequentare luoghi senza barriere

Finalmente anche negli edifici di edilizia privata, residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata viene resa obbligatoria la redazione di progetti senza le barriere.

Finalmente anche gli edifici privati e le case di nuova costruzione devono essere prive di barriere architettoniche.

La legge 9/1/89 n. 13 promossa dal Dipartimento per gli Affari Sociali e dal Ministero Lavori Pubblici e il relativo regolamento di attuazione (D.M. Lavori Pubblici 1 4/ó/89 n. 236) dispongono che le progettazioni relative all'edilizia privata debbano garantire l'accessibilità, l'adattabilità, la visitabilità.

La suddetta normativa offre anche la possibilità di eliminare barriere presenti in abitazioni già costruite.

L'entità del contributo concedibile che lo Stato eroga, va determinata sulla base delle spese effettivamente sostenute e comprovate: il computo va effettuato in relazione ai vari scaglioni di spesa previsti dalla legge:

Per costi entro i cinque milioni di lire, il contributo è concesso in misura pari alla spesa.

Per costi da lire cinque milioni a lire venticinque milioni, il contributo è aumentato del venticinque per cento della spesa effettivamente sostenuta.

Il computo deve così eseguirsi: il contributo base di lire cinque milioni si detrae dalla cifra spesa; sulla differenza si calcola il venticinque per cento che si aggiunge al contributo base.

Ad esempio per una spesa di lire quindici milioni si deve così procedere: contributo base: lire cinque milioni, detrazione della spesa di lire cinque milioni, con risultato di lire dieci milioni; computo del venticinque per cento su tale cifra residua, con risultato di lire due milioni e cinquecentomila che aggiunto al contributo base di lire cinque milioni, consente l'erogazione del contributo totale di lire sette milioni e cinquecentomila.

Per costi da lire venticinque milioni a lire cento milioni si aumenta l'erogazione di un ulteriore cinque per cento.

Pertanto devono sommarsi i cinque milioni del contributo di base, il venticinque per cento del costo ulteriore fino a lire venticinque milioni, cioè ulteriori lire cinque milioni, pari al venticinque per cento di venti milioni, costituenti la differenza tra la spesa massima dei primi due scaglioni (rispettivamente di cinque e venticinque milioni), nonché il cinque per cento della ulteriore spesa superiore ai venticinque milioni.

Ad esempio per una spesa di lire ottanta milioni il contributo sarà determinato come segue.

Contributo base: lire cinque milioni; contributo del venticinque per cento della differenza tra lire cinque e venticinque milioni: lire cinque milioni; contributo del cinque per cento di lire cinquantacinque milioni, cioè della differenza tra lire ottanta milioni e lire venticinque milioni: lire due milioni e settecentocinquantamila.

In totale, quindi, per una spesa di lire ottanta milioni può essere erogato un finanziamento di lire dodici milioni e settecentocinquatamila (somma fra le cifre parziali di lire cinque milioni, cinque milioni e due milioni e settecentocinquantamila).

Per usufruire dei contributi previsti occorre presentare apposita domanda al Sindaco del Comune dove è situato il fabbricato entro il 1º marzo di ogni anno.

Le domande devono essere presentate dal disabile (ovvero da chi ne esercita la tutela o la potestà) per l'immobile nel quale egli ha la residenza abituale.

Nel caso di pluralità di disabili fruitori, la domanda può essere formulata da uno o più di essi, fermo restando che per ogni opera può chiedersi un solo contributo.

La domanda deve contenere la descrizione anche sommaria delle opere, nonché la spesa prevista; non è necessario un preventivo analitico né la provenienza dello stesso da parte di un tecnico o esperto, essendo sufficiente l'indicazione anche complessiva della spesa proveniente dal richiedente

Il procedimento amministrativo per la concessione ed erogazione del contributo così può riassumersi:

L'interessato presenta la domanda entro il 1° marzo di ciascun anno al sindaco del comune.

L'amministrazione comunale effettua un immediato accertamento sull'ammissibilità della domanda.

Entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande, il sindaco stabilisce il fabbisogno complessivo del comune e lo comunica alla regione

La regione determina il proprio fabbisogno complessivo e trasmette al Ministero dei lavori pubblici entro 30 giorni dalla scadenza del termine la richiesta di partecipazione alla ripartizione del Fondo per la eliminazione ed il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati.

II Fondo viene, dal Ministero, annualmente ripartito tra le regioni richiedenti.

Le regioni ripartiscono a loro volta le somme assegnate ai comuni richiedenti e i sindaci, entro trenta giorni dalla comunicazione delle disponibilità, assegnano i contributi agli interessati.

Le novità introdotte dal D.M. 236/89

Per la prima volta, in modo tangibile, la norma dà indicazioni precise rispetto agli edifici privati di nuova costruzione, residenziali e non, agli edifici di edilizia residenziale convenzionata, gli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata, di nuova costruzione, nonché la ristrutturazione degli edifici privati precedentemente citati e gli spazi esterni di pertinenza.

Le presenti norme considerano tre livelli di qualità dello spazio costruito: l’accessibilità, la visitabilità, l’adattabilità.

L'accessibilità esprime il più alto livello, in quanto ne consente la totale fruizione nell'immediato. Per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.

La visitabilità rappresenta un livello di accessibilità limitato ad una parte più o meno estesa dell'edificio o delle unità immobiliari, che consente comunque ogni tipo di relazione fondamentale anche alla persona con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Per visitabilità si intende la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo dell'alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta.

La adattabilità rappresenta un livello ridotto di qualità, potenzialmente suscettibile, per originaria previsione progettuale, di trasformazione in livello di accessibilità; l'adattabilità è, pertanto, un'accessibilità differita. Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Devono essere accessibili:

il 5% degli alloggi previsti negli interventi di edilizia residenziale sovvenzionata, gli ambienti destinati ad attività sociali, come quelle scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali, sportive, gli edifici sedi di aziende o imprese soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio.

Ogni unità immobiliare, qualsiasi sia la sua destinazione, deve essere visitabile nel seguente modo:

per gli edifici residenziali non compresi nelle precedenti categorie il requisito di visitabilità si intende soddisfatto se il soggiorno o il pranzo, un servizio igienico ed i relativi percorsi di collegamento interni alle unità immobiliari sono accessibili;

nelle unità immobiliari sedi di riunioni o spettacoli all'aperto o al chiuso, temporanei o permanenti, compresi i circoli privati, e in quelle di ristorazione, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata al pubblico, oltre a un servizio igienico, sono accessibili; deve essere garantita inoltre la fruibilità degli spazi di relazione e dei servizi previsti, quali la biglietteria e il guardaroba;

nelle unità immobiliari sedi di attività ricettive il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se tutte le parti e servizi comuni ed un numero di stanze e di zone all'aperto destinate al soggiorno temporaneo sono accessibili;

nelle unità immobiliari sedi di culto il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata ai fedeli per assistere alle funzioni religiose è accessibile;

nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se, nei casi in cui sono previsti spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta, questi sono accessibili; in tal caso deve essere prevista l'accessibilità anche ad almeno un servizio igienico;

nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, di superficie netta inferiore a 250 mq, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se sono accessibili gli spazi di relazione;

nei luoghi di lavoro sedi di attività non aperte al pubblico e non soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, è sufficiente che sia soddisfatto il solo requisito dell'adattabilità;

negli edifici residenziali unifamiliari ed in quelli plurifamiliari privi di parti comuni, è sufficiente che sia soddisfatto il solo requisito dell'adattabilità.

I temi interessati dalla norma sono:

I componenti edilizi e le attrezzature:

8. Porte (comma 4 .1. 1 e 8.1.1)

9. Pavimenti (comma 4. 1 .2 e 8.1.2)

10. Infissi esterni (comma 4.1.3 e 8.1.3)

11. Arredi fissi (comma 4.1.4 e 8.1.4)

12. Terminali degli impianti (comma 4.1.5 e 8.1.5)

13. Servizi igienici (comma 4.1.6 e 8.1.6)

14. Cucine (comma 4.1.7 e 8.1.7)

15. Balconi e terrazze (comma 4.1.8 e 8.1.8)

16. Percorsi orizzontali (comma 4.1.9 e 8.1.9)

17. Scale (comma 4.1.10 e 8.1.10)

18. Rampe (comma 4.1.11 e 8.1.11)

19. Ascensore (comma 4.1.12 e 8.1.12)

20. Servoscala e piattaforma elevatrice (comma 4.1.13 e 8.1.13)

21. Autorimesse (comma 4. 1. 14 e 8.1.14)

22. Percorsi esterni (comma 4.2.1 e 8.1.15)

23. Pavimentazione esterna (comma 4.2.2 e 8.2.2)

24. Parcheggi (comma 4.2.3 e 8.2.3)

25. Segnaletica (comma 4.3)

Gli spazi funzionali:

8. Strutture sociali (comma 4.4)

9. Edifici sedi di aziende o imprese soggette al collocamento obbligatorio (comma 4.5)

10. Raccordi con la normativa antincendio (comma 4.6)

11. Residenza (comma 5.1)

12. Sale e luoghi per riunioni, spettacoli e ristorazione (comma 5.2)

13. Strutture ricettive (comma 5.3)

14. Luoghi per il culto (comma 5.4)

15. Altri luoghi aperti al pubblico (comma 5.5)

16. Arredi fissi (comma 5.6)

Le modalità di applicazione riguardano:

10. La visitabilità condizionata

11. Gli interventi di nuova edificazione

12. Gli interventi di ristrutturazione

UN GRANDE PASSO AVANTI

Le disposizioni della Legge-quadro sull'handicap

Con la promulgazione della Legge-quadro, finalmente si dispone di provvedimenti innovativi ed efficaci per eliminare le barriere architettoniche e per garantire il diritto alla mobilità.

L’art. 23, evidenzia che l’attività e la pratica delle discipline sportive sono favorite senza limitazione alcuna. Le regioni e i comuni dovranno realizzare, in conformità alle disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, ciascuno per gli impianti di propria competenza, l’accessibilità e la fruibilità delle strutture sportive e dei connessi servizi da parte delle persone handicappate.

Inoltre, i rinnovi delle concessioni demaniali per gli impianti di balneazione e le concessioni autostradali sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del decreto del D.M. 236/89.

Si afferma anche che chiunque, nell’esercizio delle attività aperta al pubblico, discrimina persone handicappate è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di un somma da lire un milione a lire dieci milioni e con la chiusura dell’esercizio da uno a sei mesi.

Nell'art. 24, dopo aver ribadito che tutte le opere edilizie relative agli edifici pubblici e privati aperti al pubblico devono essere eseguite nel rispetto della vigente normativa, si prescrive che le comunicazioni relative ai progetti da presentare al Comune devono avere in allegato una documentazione grafica e una dichiarazione di conformità alla suddetta normativa; si stabilisce che il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato alla verifica compiuta dall'ufficio tecnico o dal tecnico incaricato dal Comune; si specifica, quindi, che il Sindaco nel rilasciare il certificato di agibilità e di abitabilità deve accertare che le opere siano state realizzate nel rispetto delle disposizioni vigenti.

Per la prima volta, inoltre, vengono individuate sanzioni in caso di inadempienze.

Si afferma infatti che le opere realizzate in modo difforme dalle norme in materia e tali da non poter essere utilizzate da persone con handicap sono dichiarate inabitabili e inagibili. Il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l’agibilità o l’abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili. Essi sono puniti con l’ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi.

Apportando alcune modifiche alla legge 41/86, si prevede infine quanto segue:

- il Comitato per l'edilizia residenziale (CER) dispone che una quota dei fondi per la realizzazione di opere di urbanizzazione e per gli interventi di recupero sia utilizzata per l'eliminazione di barriere negli insediamenti di edilizia residenziale pubblica costruiti in precedenza;

- i piani comunali per l'eliminazione delle barriere "sono modificati con integrazioni relative all'accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento alla individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all'installazione di semafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone handicappate";

- una quota, almeno pari al 2%, della somma che la Cassa depositi e prestiti concede agli Enti locali è destinata a prestiti finalizzati ad interventi per il superamento di barriere architettoniche

- i Comuni devono adeguare i propri regolamenti edilizi alle norme vigenti in materia entro 180 giorni dall'entrata in vigore della Legge-quadro. Dopo tale data le norme dei regolamenti comunali che resteranno in contrasto con le disposizioni della Legge-quadro non avranno più efficacia.

La Legge-quadro, infine, apportando modifiche alla legge 457/78 "Norme per l'edilizia residenziale" prevede che il Comitato per l’edilizia residenziale disponga una riserva di finanziamenti per la concessione di contributi ai Comuni, agli Istituti autonomi case popolari, imprese cooperative per realizzare ed adattare alloggi in favore di persone handicappate.

VOTARE SENZA BARRIERE

Con la legge 15/1/1991 n. 15 promossa dal Dipartimento per gli Affari Sociali e dal Ministero degli Interni sono entrate in vigore norme per favorire il diritto al voto dei disabili.

La normativa consente che la persona disabile, in presenza di barriere nella propria sezione, possa votare in altra accessibile e provvista di arredi funzionali alle sue esigenze. Prevede inoltre che i Comuni attuino interventi finalizzati a garantire questo diritto.

La Legge-quadro, a tale fine, specifica che da parte dei Comuni siano organizzati servizi di trasporto in modo da facilitare il raggiungimento del seggio elettorale e che da parte delle USL siano garantiti in ogni Comune la presenza di medici autorizzati al rilascio di certificati di accompagnamento e di attestazioni necessarie per esercitare il diritto al voto in sedi senza barriere. Precisa, inoltre, che i cittadini disabili, impossibilitati a votare autonomamente, possano essere seguiti da un accompagnatore purchè questi sia iscritto nelle liste elettorali.

L'elettore accompagnatore può svolgere questa funzione a favore di un solo cittadino handicappato.

SI CHIUDE IL CERCHIO

Con l’emanazione del D.P.R. 503 del 1996, il tema dell’accessibilità coinvolge, in modo inequivocabile, quel settore dell’edilizia, dell’urbanistica e del trasporto che fino a quel tempo erano rimasti sensibilmente a margine dell’interesse progettuale; la causa, un D.P.R. (384/78) poco applicato e un po’ stonato (filosoficamente) rispetto al più recente D.M. 236/89.

La legge succitata si applica agli edifici e spazi pubblici di nuova costruzione, di carattere temporaneo e a quelli esistenti qualora sottoposti a ristrutturazione. Si applica altresì agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento edilizio suscettibile di limitare l'accessibilità e la visitabilità o soggetti a cambiamento di destinazione, in particolar modo se si svolgono attività finalizzate ai servizi speciali di pubblica utilità.

L’applicazione riguarda inoltre gli edifici e spazi pubblici esistenti, anche se non soggetti a recupero o riorganizzazione funzionale, attraverso accorgimenti che possono migliorare la fruibilità degli spazi, gli edifici di edilizia residenziale pubblica e gli edifici privati compresi quelli aperti al pubblico; in particolare per questi ultimi si applica il decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.

Naturalmente viene, ancora una volta (vedi l. 41/86), evidenziato che non possono essere erogati contributi o agevolazioni da parte dello Stato e di altri enti pubblici per la realizzazione di opere o servizi pubblici non conformi alle norme di cui al presente regolamento.

LE PRINCIPALI DISPOSIZIONI DEL DPR 503/96

I Contrassegni

Gli edifici, i mezzi di trasporto e le strutture costruite, modificate o adeguate tenendo conto delle norme per l'eliminazione delle barriere, devono recare in posizione agevolmente visibile il simbolo di "accessibilità"

Gli uffici, le sale per riunioni, conferenze o spettacoli, i posti telefonici pubblici ovvero apparecchiature quali ascensori e telefoni che assicurano servizi di comunicazione per sordi, devono recare in posizione agevolmente visibile il simbolo internazionale di accesso alla comunicazione per le persone sorde.

Le aree edificabili

Nell’elaborazione degli strumenti urbanistici le aree destinate a servizi pubblici sono scelte preferendo quelle che assicurano la progettazione di edifici e spazi privi di barriere architettoniche.

Gli spazi pedonali

I progetti relativi agli spazi pubblici e alle opere di urbanizzazione a prevalente fruizione pedonale devono prevedere almeno un percorso accessibile.

I marciapiedi

Per i percorsi pedonali, in adiacenza a spazi carrabili, le indicazioni normative contenute nel decreto 236/89, valgono limitatamente alle caratteristiche delle pavimentazioni ed ai raccordi tra marciapiedi e spazi carrabili.

La larghezza dei marciapiedi realizzati in interventi di nuova urbanizzazione deve essere tale da consentire la fruizione anche da parte di persone su sedia a ruote.

Gli attraversamenti pedonali

Nelle strade ad alto volume di traffico gli attraversamenti pedonali devono essere illuminati nelle ore notturne o di scarsa visibilità. Il fondo stradale, in prossimità dell'attraversamento pedonale, potrà essere differenziato mediante rugosità poste su manto stradale al fine di segnalare la necessita di moderare la velocità. Le piattaforme salvagente devono essere accessibili alle persone su sedia a ruote.

Gli impianti semaforici, di nuova installazione o di sostituzione, devono essere dotati di avvisatori acustici che segnalano le modalità di attraversamento ai non vedenti.

Le scale e le rampe

Per le scale e le rampe valgono le indicazioni normative contenute nel decreto 236/89.

I servizi igienici pubblici

Per i servizi i igienici valgono le indicazioni normative contenute nel decreto 236/89, inoltre deve essere prevista l'accessibilità ad almeno un w.c. ed un lavabo per ogni nucleo di servizi installato.

L’arredo urbano

Gli elementi di arredo nonché le strutture, anche commerciali, con funzione di arredo urbano da ubicare su spazi pubblici devono essere accessibili, secondo i criteri del decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 236/89.

I parcheggi

Per i parcheggi valgono le norme indicate dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.

I posti riservati possono essere delimitati da appositi dissuasori.

La circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone disabili

Alle persone detentrici del contrassegno di cui all’art. 12 viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio.

La circolazione e la sosta sono consentite nelle «zone a traffico limitato» e «nelle aree pedonali urbane», così come definite dall’art. 3 del decreto legislativo 30 aprile l992, n. 285. Per i percorsi preferenziali o le corsie preferenziali riservati oltre che ai mezzi di trasporto pubblico collettivo anche ai taxi, la circolazione deve intendersi consentita anche ai veicoli al servizio di persone invalide detentrici dello speciale contrassegno.

Nell’ambito dei parcheggi o delle attrezzature per la sosta, devono essere riservati gratuitamente ai detentori del contrassegno almeno 1 posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili.

Il contrassegno speciale

Alle persone con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta è rilasciato dai comuni, a seguito di apposita documentata istanza, lo speciale contrassegno di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, che deve essere apposto sulla parte anteriore del veicolo.

Il contrassegno è valido per tutto il territorio nazionale e si intende estesa anche alla categoria dei non vedenti.

Le norme generali per gli edifici

Negli edifici pubblici deve essere garantito un livello di accessibilità degli spazi interni tale da consentire la fruizione dell’edificio sia al pubblico che al personale in servizio.

Per gli spazi esterni di pertinenza degli stessi edifici il necessario requisito di accessibilità si considera soddisfatto se esiste almeno un percorso per l'accesso all’edificio fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Le deroghe e le soluzioni alternative

Negli edifici esistenti sono ammesse deroghe alle norme del presente regolamento in caso di dimostrata impossibilità tecnica connessa agli elementi strutturali o impiantistici.

Per gli edifici soggetti al vincolo di cui all’art. 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e all’art. 2 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, la deroga è consentita nel caso in cui le opere di adeguamento costituiscono pregiudizio per valori storici ed estetici del bene tutelato; in tal caso il soddisfacimento del requisito di accessibilità è realizzato attraverso opere provvisionali ovvero, in subordine, con attrezzature d'ausilio e apparecchiature mobili non stabilmente ancorate alle strutture edilizie.

Sono ammesse eventuali soluzioni alternative, così come definite all’art. 7.2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, purché rispondenti ai criteri di progettazione di cui all’art. 4 dello stesso decreto.

Le verifiche

In attuazione dell’art. 24, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e fatto obbligo di allegare ai progetti delle opere la dichiarazione del professionista che ha progettato l'opera attestante la conformità degli elaborati alle disposizioni contenute nel regolamento stesso e che illustra e giustifica eventuali deroghe o soluzioni tecniche alternative.

Gli edifici scolastici

Gli edifici delle istituzioni prescolastiche, scolastiche, comprese le università e delle altre istituzioni di interesse sociale nel settore della scuola devono assicurare la loro utilizzazione anche da parte di studenti non deambulanti o con difficoltà. di deambulazione.

Le strutture interne devono avere le caratteristiche descritte nel D.M. 236/89.

L'arredamento, i sussidi didattici e le attrezzature necessarie per assicurare lo svolgimento delle attività didattiche devono avere caratteristiche particolari per ogni caso di invalidità (banchi, sedie, macchine da scrivere, materiale Braille, spogliatoi, ecc.).

Le tranvie, filovie, linee automobilistiche, metropolitane e treni

Sui mezzi di trasporto devono essere riservati a persone con limitate capacita motorie deambulanti almeno tre posti a sedere in prossimità della porta di uscita.

All'interno di almeno un autovettura del convoglio deve essere riservata una piattaforma di spazio sufficientemente ampio per permettere lo stazionamento di sedia a ruote, senza intralciare il passaggio.

Le stazioni e le ferrovie

Le principali stazioni ferroviarie devono essere dotate di passerelle, rampe mobili o altri idonei mezzi di elevazione al fine di facilitare l'accesso alle stesse ed ai treni alle persone con difficoltà di deambulazione.

L'ente che gestisce il servizio è tenuto ad evidenziare i treni ed i servizi offerti alla clientela portatrice di handicap, sia nelle stazioni che nel proprio «orario ufficiale».

In ogni caso deve essere riservato un numero adeguato di posti a sedere per le persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale.

I servizi di navigazione marittima

Le rampe o passerelle di accesso da terra a bordo devono avere pendenza modesta, e comunque non superiore all'8 per cento.

La zona di ponte ove si accede a bordo deve permettere il passaggio fino all'area degli alloggi destinati alle persone con impedita capacità motoria o sensoriale con percorso accessibile.

L'area degli alloggi, preferibilmente ubicata su un solo ponte, deve essere tale da consentire, in caso di emergenza, un agevole accesso ai mezzi di sfuggita e di salvataggio e deve avere: corridoi, passaggi e relative porte di larghezza non inferiori a m 1,50 e privi di ostacoli; porte, comprese quelle di locali igienici, di larghezza non inferiore a m 0,90 e provviste di agevoli dispositivi di manovra; pavimenti antisdrucciolevoli nelle zone di passaggio; apparecchi di segnalazione per chiamata del personale di servizio addetto all’assistenza; locali igienici riservati alle stesse persone con disabilità.

Le aerostazioni

Ogni aeroporto deve essere dotato di appositi sistemi per consentire un percorso continuo e senza ostacoli dall'aerostazione all'interno dell'aereo o viceversa. Qualora non siano presenti pontili di imbarco, l'accesso all'aeromobile è assicurato da elevatore a cabina chiusa.

All'interno del mezzo aereo deve essere prevista la dotazione di sedie a ruote per garantire, per quanto possibile, l'autonoma circolazione del passeggero disabile.

 

COSA SI PUO' FARE

Se scopri delle barriere puoi fare un esposto alla magistratura. Basta scrivere una lettera indicando con precisione l'edificio, il percorso, il luogo, le barriere riscontrate e possibilmente le leggi non rispettate.

L'esposto va indirizzato alla procura della Repubblica e portato alla più vicina stazione dei Carabinieri.

 

LA NORMATIVA

C.M. (Lavori Pubblici) 19 giugno 1968 n.4809

Norme per assicurare l’utilizzazione degli edifici sociali da parte dei minorati fisici e per migliorare la godibilità generale.

L. 30 marzo 1971 n.118

Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971 n.5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili.

D.M. (Lavori Pubblici e Pubblica Istruzione) 18 dicembre 1975

Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia e urbanistica da osservarsi nelle esecuzioni di opere edilizie.

L. 28 febbraio 1986 n. 41

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 1986).

L. 9 gennaio 1989 n. 13

Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche.

D.M. (Lavori Pubblici) 14 giugno 1989 n. 236

Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche.

C.M. (Lavori Pubblici) 22 giugno 1989 n. 1669

Circolare esplicativa della legge 9 gennaio 1989, n.13.

C.M. (Marina Mercantile) 23 gennaio 1990

Legge 9 gennaio 1989, n.13 " Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati".

L. 15 gennaio 1991 n. 15

Norme intese a favorire le votazione degli elettori non deambulanti.

L. 5 febbraio 1992 n. 104

Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

D.P.R. 24 luglio 1996 n. 503.

"Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici."

 SOMMARIO

 


IL LAVORO

LA LEGGE 68/99

Il 12 Marzo 1999 è stata promulgata una legge che ha come finalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e collocamento mirato.

Beneficiari

persone affette da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali, portatori di handicap intellettivo con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%;

persone invalide del lavoro con invalidità superiore al 33%;

persone non vedenti;

persone sordomute;

persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e di servizio;

vedove, orfani e profughi italiani rimpatriati (art.18, c.2 della L.68/99)

Come ottenere il certificato di invalidità civile

richiesta presso il medico di famiglia per la prenotazione visita alla commissione invalidi civili;

ritiro e compilazione, presso il CUP, del modulo di richiesta di accertamento sanitario per il riconoscimento dell’invalidità (vedi allegato n. 4);

prenotazione, presso il CUP, per la visita presso la commissione sanitaria invalidi civili della propria A.S.L. fornendo la richiesta del medico di famiglia ed il modulo compilato;

la persona richiedente dovrà presentarsi, all’appuntamento prefissato, presso la commissione sanitaria con un documento di identità, tessera sanitaria e la certificazione medica attestante le problematiche per cui si chiede il riconoscimento dell’invalidità;

valutazione, da parte della commissione medica dei documenti presentati, per decidere se riconoscere l’invalidità ed attribuire il grado/percentuale di invalidità;

invio al domicilio della persona richiedente del verbale di invalidità con indicata la patologia accertata/diagnosi e la percentuale di invalidità.

Documenti necessari per iscriversi alle liste provinciali del collocamento mirato

Libretto di lavoro;

Modello C/1 (ex-tesserino rosa) regolarmente timbrato;

Verbale di invalidità originale e fotocopia (la fotocopia verrà autenticata ed il verbale originale sarà restituito);

Modello di autocertificazione del reddito lordo (imponibile Irpef) dell’anno precedente alla iscrizione (viene consegnato dall’operatore dell’ufficio invalidi).

Dove consegnare i documenti per l’iscrizione

Agli Uffici Provinciali del lavoro di competenza, Servizio per l’Impiego, Ufficio inserimento lavorativo disabili

Cosa succede all’atto di iscrizione

l’operatore controlla la documentazione presentata ed inizia ad immettere i dati anagrafici all’interno dell’archivio informatizzato

l’operatore procede ad una breve intervista in cui si richiede alla persona invalida:

i titoli di studio posseduti;

le esperienze lavorative svolte;

le qualifiche professionali che la persona si sente in grado di potere svolgere;

l’autonomia per l’uso dei mezzi di trasporto;

la zona di lavoro dove preferirebbe potere essere inserita;

note varie relative a eventuali Servizi sociali di riferimento, percorsi formativi in atto, ecc.

Al termine dell’intervista, se emergono altri punti da approfondire, l’operatore può proporre alla persona invalida un ulteriore appuntamento per un colloquio di orientamento presso Centri di Formazione Professionale con personale qualificato.

Cosa occorre fare dopo essersi iscritti

recarsi una volta ogni anno, da gennaio a dicembre, presso il Centro per l’Impiego della zona di residenza per timbrare lo stato di disoccupazione;

essere disponibili ad effettuare colloqui di lavoro con aziende contattate dal Servizio per l’inserimento lavorativo persone disabili

presentarsi periodicamente al Centro per l’Impiego della zona di residenza e leggere in bacheca eventuali annunci di ricerca, da parte delle aziende, di personale riservatario cioè di coloro che sono iscritti alle liste provinciali per persone disabili.

Quadro normativo di riferimento

(Legge 12 Marzo 1999, n. 68 - Norme per il diritto al lavoro dei disabili e successive modificazioni)

NUMERO DEI POSTI

Il numero di posti destinati ai lavoratori disabili (senza più distinzione per causa di invalidità) è pari a:

Aziende che occupano da 15 a 35 dipendenti

n. 1 lavoratore e solo in presenza di nuove assunzioni.

L’assunzione della persona disabile avviene con richiesta nominativa (cioè l’azienda ricerca esplicitamente un nominativo di una persona iscritta alle liste provinciali del collocamento mirato)

L’inserimento della persona disabile può avvenire nell’arco di 12 mesi decorrenti dalla data della predetta nuova assunzione.

Se, nel frattempo, il datore di lavoro effettua una seconda nuova assunzione la persona disabile dovrà essere assunta entro i 60 giorni dalla data della seconda nuova assunzione.

Non vengono considerate nuove assunzioni la sostituzione dei lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro (esempio chi è assente per servizio militare, per maternità, ecc.) o dei lavoratori cessati dal servizio che siano sostituiti entro 60 giorni dalla cessazione.

Aziende che occupano da 36 a 50 dipendenti

n. 2 lavoratori di cui 1 per richiesta nominativa e l’altro eventualmente per richiesta numerica (avvio in base alla graduatoria per qualifica).

Aziende che occupano più di 50 dipendenti

il 7% del personale computabile in forza (più 1% di persone appartenenti alla categoria degli orfani, vedove ed equiparati).

COME SI CALCOLA IL PERSONALE COMPUTABILE IN FORZA

le imprese con più di 35 dipendenti (e le aziende da 15 a 35 dipendenti che sono soggette all’obbligo di assunzione di persone disabili) ogni anno, entro il 31 gennaio, devono consegnare al Servizio per l’Impiego competente un prospetto informativo cioè un documento che fotografa la situazione del personale dipendente (D.M. 22/11/99 artt. 2 e 3).

Per il calcolo del personale computabile occorre sottrarre dall’organico complessivo:

dirigenti;

apprendisti, lavoratori in Contratto di Formazione Lavoro;

persone occupate a tempo determinato per un periodo non superiore ai 9 mesi;

lavoratori a domicilio;

soci di cooperative di produzione e lavoro;

persone disabili o appartenenti alla categoria protetta già occupate.

Per i lavoratori che utilizzano contratti a part-time, il numero va calcolato con riferimento alle unità equivalenti a tempo pieno.

Nel caso in cui l’impresa ha più sedi ubicate in diverse province, i prospetti devono essere inviati separatamente ai servizi competenti per ogni sede ed un prospetto riepilogativo al Servizio per l’Impiego in cui si trova la sede legale.

 

Aziende da 15 a 35 dipendenti:

devono inviare il prospetto informativo solo se effettuano assunzioni aggiuntive rispetto ai dipendenti in forza al 17 gennaio 2000 entro 60 giorni dall’insorgenza dell’obbligo.

I prospetti informativi devono contenere, oltre al numero dei dipendenti computabili, le seguenti informazioni:

· dati anagrafici dell’azienda (indirizzo, codice fiscale, partita iva, ..)

· n° complessivo dei dipendenti a libro matricola

· situazione lavorativa delle persone disabili occupate (qualifica professionale, modalità assuntiva, ….)

· situazione lavorativa delle persone appartenenti alla categoria protetta ai sensi dell’art.18, c.2 - L.68/99 (orfani ed equiparati)

· data dell’eventuale convenzione stipulata

· autorizzazioni concesse o richieste per esonero parziale o per compensazione territoriale o per sospensione dagli obblighi

· n° posti di lavoro e mansioni disponibili per lavoratori disabili (se l’azienda è soggetta all’obbligo)

· n° posti di lavoro e mansioni disponibili per lavoratori di cui all’art.18, c.2 - L.68/99 (se l’azienda è soggetta all’obbligo

Aziende che hanno diritto a conteggi particolari del personale computabile:

· Servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, possono assumere soltanto nei servizi amministrativi (circolare 77/99 – art.2).

· Partiti politici, organizzazioni sindacali, Onlus: si conteggia soltanto il personale che svolge funzioni tecnico-esecutivo (circolare 77/99 – art.2).

· Trasporto pubblico aereo, marittimo e terrestre, impianti a fune: non si conteggia il personale viaggiante, navigante, adibito alle attività di trasporto (L.68/99 – Art. 5, comma 2).

· Servizi di vigilanza privata: si conteggia soltanto il personale amministrativo ed il personale di "supporto", vale a dire centralinisti, addetti alle pulizie, magazzinieri, …. (nota informativa del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 20/07/2001).

OBBLIGHI ED ESONERI

Sospensione dagli obblighi:

Gli obblighi di assunzione di lavoratori disabili sono sospesi per:

Imprese in Cassa Integrazione Straordinaria (L.863/84, art. 1 e L.223/91 artt. 1 e 3) per tutta la durata dei programmi

Imprese con procedura di mobilità in atto (L.223/91 artt. 4 e 24)

Imprese soggette a procedure concorsuali

Il datore di lavoro deve presentare apposita comunicazione di sospensione dagli obblighi al Servizio per l’Impiego competente (D.P.R. 333 del 10 ottobre 2000 – art.4).

Esoneri parziali:

I datori di lavoro che per le speciali condizioni della loro attività non sono in grado di occupare l’intera percentuale del personale disabile, possono richiedere il parziale esonero dall’obbligo a condizione che versino al Fondo Regionale per l’occupazione dei disabili, mediante bonifico, una somma di £.25.000 (12,911 euro) per ogni lavoratore disabile non assunto e per ciascuna giornata lavorativa non prestata (delibera n.1872/2000 di applicazione della Legge Regionale 14/2000 -art.4).

La domanda di esonero parziale deve essere presentata al Servizio per l’Impiego in cui ha sede l’impresa e, in caso di più sedi, al Servizio per l’Impiego in cui l’impresa ha la sede legale.

Nella richiesta devono essere specificate le particolari condizioni lavorative per cui è necessario l’esonero:

- faticosità

- pericolosità

- modalità particolarmente complesse di svolgimento dell’attività

(circolare 4/2000 del 17/01/2000 e Decreto del Ministro del Lavoro n.357 del 7 luglio 2000).

L’autorizzazione all’esonero parziale è concessa per un periodo determinato.

Compensazioni territoriali:

I datori di lavoro, a seguito di motivata richiesta, possono essere autorizzati ad assumere in una sede un numero superiore di persone disabili rispetto alla quota d’obbligo, compensando l’eccedenza con un numero minore di persone disabili da assumere presso un’altra sede.

Tale domanda va inoltrata al Servizio per l’Impiego dove l’azienda ha la sede legale nel caso in cui vi sia una richiesta di compensazione fra diverse province della stessa regione, oppure al Ministero del Lavoro nel caso in cui la richiesta interessa unità operative situate in regioni diverse (circolare 36/2000 del 6 giugno 2000)

CERTIFICAZIONI DI OTTEMPERANZA

Le imprese che partecipano a bandi per appalti pubblici o che intraprendono rapporti di tipo convenzionale o di concessione con pubbliche amministrazioni devono produrre apposita certificazione rilasciata dal Servizio per l’Impiego competente da cui risulti l’avvenuto adempimento degli obblighi di assunzione delle persone disabili.

La certificazione di ottemperanza vale per sei mesi (circolare n.79/2000 del 9 novembre 2000).

CONVENZIONI

I datori di lavoro, obbligati e non, possono stipulare con il Servizio per l’Impiego una convenzione per determinare un programma di inserimento occupazionale delle persone disabili.

Nella convenzione vengono stabiliti i tempi di inserimento lavorativo, le mansioni che la persona disabile dovrebbe svolgere, il numero delle persone disabili da assumere e le modalità di assunzione (art.11 - L.68/99).

Per la Provincia di Bologna le convenzioni possono avere una durata massima di dodici mesi oppure di trentasei mesi dalla stipula della convenzione stessa a seconda del numero delle persone disabili da assumere (Delibera di Giunta Provinciale n.98 del 27/03/2000).

Agevolazioni grazie alle convenzioni:

Ai sensi dell’art.13 della L.68/99, attraverso la stipula delle convenzioni, i datori di lavoro privati possono richiedere le seguenti agevolazioni:

defiscalizzazione dei contributi Inps e Inail a carico dell’azienda fino ad un massimo di otto anni per ogni lavoratore disabile assunto con percentuale di invalidità pari o superiore al 80%;

la stessa defiscalizzazione si applica in caso di assunzione di disabile psichico indipendentemente dal grado di invalidità ma complessivamente non si può superare il 10% del fondo previsto per la regione;

defiscalizzazione di metà dei contributi Inps e Inail a carico dell’azienda fino ad un massimo di cinque anni per ogni lavoratore disabile assunto con percentuale di invalidità compresa fra il 67% ed il 79%;

rimborso forfettario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo idoneo al lavoratore disabile assunto con percentuale di invalidità superiore al 50% o per l’apprestamento per il telelavoro o per la rimozione di barriere architettoniche (Legge Regionale 14/2000 – art.12).

Le aziende interessate presentano al Servizio per l’Impiego competente la documentazione necessaria per ottenere le misure agevolative entro il 30 giugno di ciascun anno (decreto 91 del 13 gennaio 2000).

E’ prevista, inoltre, al Cap. III – art.7, c.5 della Legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (finanziaria 2001) la concessione di un credito di imposta di Euro 413,16 per le aziende che assumono, con contratto a tempo indeterminato, persone portatori di handicap ai sensi della Legge 104 del 5 febbraio 1992.

La Regione Emilia-Romagna, infine, delega ogni anno alle Province la possibilità di concedere dei contributi, attraverso un bando, alle piccole e medie imprese che assumono persone disabili (Legge Regionale 45/96 – art.8).

SANZIONI AMMINISTRATIVE

Per le aziende, in caso di violazione degli obblighi, sono previste sanzioni amministrative di:

· £. 1.000.000 (euro 516,46) per ritardato invio del prospetto informativo + £. 50.000 (25,82 euro) per ogni giorno di ulteriore ritardo;

· £. 100.000 (euro 51,65) al giorno per ogni lavoratore disabile non occupato a decorrere dal sessantunesimo giorno in cui, per l’impresa, insorge l’obbligo di assunzione (circolare 17/2000 del 24 marzo 2000 e circolare 23/2001 del 16 febbraio 2001).

COME OTTENERE L’ASSEGNO DI INVALIDITA’

Hanno diritto a richiedere l’assegno di invalidità coloro che:

· hanno una infermità fisica o mentale, accertata dai sanitari dell’Inps, tale da provocare una riduzione permanente della capacità di lavoro a meno di un terzo, in occupazioni confacenti alle attitudini del lavoratore;

· abbiano versato almeno cinque anni di contributi (pari a 260 contributi settimanali) di cui almeno 3 anni versati nei cinque anni precedenti la domanda.

L’assegno decorre dal mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Ha validità triennale e può essere confermato a domanda per tre volte consecutive dopodiché diventa definitivo.

Se la persona invalida lavora, l’assegno di invalidità viene calcolato come una normale pensione, considerando l’anzianità contributiva e le retribuzioni dell’ultimo periodo ed è soggetto a riduzione in base al reddito di lavoro.

La domanda va presentata all’ufficio Inps più vicino alla propria abitazione, direttamente o tramite un Ente di Patronato riconosciuto dalla legge, la cui assistenza è gratuita.

Al compimento dell’età pensionabile, l’assegno si trasforma in pensione di vecchiaia purché l’interessato abbia cessato l’attività di lavoro dipendente ed abbia i requisiti contributivi previsti per la pensione di vecchiaia (almeno 20 anni di contributi).

In caso contrario viene mantenuto in pagamento l’assegno di invalidità. 
Per informazioni: http://www.inps.it/Doc/Cittadino/Sportello/home.htm

RENDITA ASSISTENZIALE

Vi sono inoltre finanziamenti puramente assistenziali, senza alcuna base contributiva, collegati a requisiti sanitari e reddituali.

Il loro importo in base alla circolare INPS n.211 del 18 Dicembre 2000 è il seguente:

· invalidi civili parziali con percentuale di invalidità fra il 74% ed il 99% e di età compresa fra i 18 e i 65 anni: assegno di £. 411.420 mensili (euro 212,48);

· invalidi civili assoluti con percentuale di invalidità del 100% e di età compresa fra i 18 ed i 65 anni: assegno di £. 411.420 mensili (euro 212,48);

· invalidi civili assoluti gravi, bisognosi di assistenza continua: indennità di accompagnamento di £. 817.330 mensili (euro 422,11);

· minori di 18 anni con "difficoltà persistente a svolgere i compiti e le funzioni della propria età" nonché per i minori ipoacusici: indennità di frequenza di £. 411.420 mensili (euro 212,48);

· sordomuti tra i 18 ed i 65 anni: pensione di £. 411.420 mensili (euro 212,48);

· sordomuti di qualsiasi età: indennità di comunicazione di £.334.100 mensili (euro 172,54);

· ciechi civili senza limiti di età, con residuo visivo non superiore a 1/20: pensione di £.411.420 mensili (euro 212,48), più indennità speciale di £.94.780 mensili (euro 48,94);

· ciechi civili con residuo visivo non superiore a 1/10: assegno £.305.270 mensili (euro 157,65);

· ciechi civili assoluti oltre i 18 anni: pensione di £. 444.910 mensili (euro 229,78) per i non ricoverati e di £. 411.420 mensili (euro 212,48) per i ricoverati;

· ciechi civili di qualsiasi età (indennità di accompagnamento di £.1.179.660 mensili (euro 609,24)

La competenza per il rilascio dei provvedimenti di concessione dei diversi tipi di assegno di invalidità, un tempo della Prefettura, è stata trasferita, nel 2001 alle Regioni che, in alcuni casi come quello dell’Emilia-Romagna, hanno provveduto a delegarla ai Comuni capoluogo di provincia.

PERMESSI E CONGEDI LAVORATIVI

La Legge 5 febbraio 1992, n. 104 ha previsto alcune agevolazioni lavorative per i familiari di persone con disabilità. Benefici simili sono concessi ai disabili lavoratori.

  • Enti diversi

I permessi lavorativi introdotti dall’articolo 33 della norma citata sono stati oggetto di numerose circolari da parte dei diversi enti previdenziali (es. INPS, INPDAP ecc.). Non sempre le indicazioni fornite dai diversi enti sono fra loro omogenee. E’ quindi innanzitutto necessario riferirsi sempre alle indicazioni fornite dall’ente di riferimento. Nella sostanza, un assicurato INPS non può far valere le disposizioni previste dall’INPDAP o da un altro ente previdenziale e viceversa.

  • Handicap

Il certificato di handicap viene rilasciato da un’apposita commissione operante presso ogni ASL e non va confuso con l’attestazione di invalidità.

La condizione principale per accedere ai permessi lavorativi è che il disabile sia in possesso della certificazione di handicap con connotazione di gravità (art. 3 comma 3 della Legge 104/1992).

È ammessa una sola eccezione nel caso in cui non si sia ancora in possesso della certificazione di handicap: nel caso in cui la commissione medica non si pronunci entro novanta giorni dalla presentazione della domanda, gli accertamenti possono essere effettuati, in via provvisoria, ai soli fini dei permessi lavorativi, da un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso l’unità sanitaria locale da cui è assistito l’interessato.

Il certificato non può essere sostituito da eventuali certificati di invalidità, anche se questi attestano l’invalidità totale, con una curiosa eccezione che riguarda i grandi invalidi di guerra (e le categorie equiparate) sono considerati automaticamente persone con handicap grave senza dover essere sottoposte agli accertamenti sanitari previsti dalla Legge 104/1992 (Legge 448/1998, art. 38 comma 5)

Un’ultima annotazione merita l’autocertificazione dell’handicap; questa opportunità consiste solo nella possibilità di dichiarare di essere già in possesso della certificazione di handicap, indicando data dell’accertamento e Commissione che l’ha effettuato. (Legge 448/1998, art. 39)

  • Retribuzione

I permessi lavorativi sono sempre retribuiti.

I permessi lavorativi sono coperti da contributi figurativi, cioè quei versamenti utili al raggiungimento del diritto alla pensione.

I permessi lavorativi incidono negativamente sulla maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità. Infatti, in entrambi i casi, di norma, la maturazione avviene sui giorni effettivamente lavorati.

I singoli contratti collettivi nazionali di lavoro possono prevedere trattamenti più di favore.

  • Aventi diritto

Hanno diritto ai permessi lavorativi, con diverse modalità, criteri e condizioni:

• la madre lavoratrice, o - in alternativa - il lavoratore padre entro i primi tre anni di vita del bambino;

• la madre lavoratrice, o - in alternativa - il lavoratore padre dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino disabile;

• i parenti o gli affini che assistono la persona disabile

• il lavoratore disabile.

I permessi spettano anche nel caso in cui i genitori siano adottivi o affidatari in quest’ultimo caso solo nell’ipotesi di disabili minorenni.

  • Primi tre anni di vita

Entro i primi tre anni di vita del figlio con handicap in situazione di gravità, accertato dalla Commissione ASL prevista dalla Legge 104/1992, la lavoratrice madre o in alternativa il padre lavoratore, hanno diritto:

• a prolungare il periodo di astensione facoltativa già prevista dalla legge (L. 1204/1971) di tutela della maternità;

• a usufruire di due ore di permesso giornaliero;

I due benefici sono fra loro alternativi. Sono escluse le lavoratrici autonome e quelle che svolgono la propria attività a domicilio o svolgono lavori domestici.

Il prolungamento dell’assenza facoltativa è coperto da contribuzione figurativa utile ai fini dell’anzianità di servizio.

Le due ore di permesso giornaliero sono retribuite e sono computate ai fini dell’anzianità di servizio, ma sono esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia. In caso di prestazione di lavoro fino alle sei ore giornaliere può essere concessa una sola ora di permesso.

Dopo il compimento del terzo anno di vita del figlio con handicap grave, la madre, o il alternativa il padre, hanno diritto, non più alle due ore di permesso, ma ai tre giorni di permesso mensile, che possono essere fruiti in via continuativa, ma devono essere utilizzati nel corso del mese di pertinenza.

La concessione dei permessi spetta solo nel caso in cui il disabile non sia ricoverato a tempo pieno in istituto o in altro centro.

Corre l’obbligo di ribadire che le norme degli ultimi anni hanno precisato che i permessi lavorativi spettano al genitore anche nel caso in cui l’altro non ne abbia diritto. Ad esempio, quindi, i permessi spettano al lavoratore padre anche nel caso la moglie sia casalinga o disoccupata, o alla lavoratrice madre se il padre è lavoratore autonomo.

  • Maggiore età

Dopo il compimento della maggiore età, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai tre giorni mensili a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l’assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva, cioè non siano presenti nel nucleo familiare altri soggetti in grado di prestare assistenza. L’INPDAP, per i suoi assicurati, prevede che nel caso di maggiore età debba essere comunque garantita l’esclusività e la continuatività dell’assistenza sia che il disabile sia convinvente che nell’ipotesi abbia una residenza diversa da quella dei genitori.

Questi permessi lavorativi sono retribuiti, e coperti da contributi figurativi.

Rispetto alla questione della frazionabilità dei tre giorni di permesso, le indicazioni sono diverse a seconda dell’ente previdenziale di riferimento.

L’INPS consente di frazionare i tre giorni di permesso al massimo in mezze giornate (Circolare INPS 31 ottobre 1996, n. 211)

L’INPDAP, l’istituto che assicura gran parte dei dipendenti pubblici, al contrario, ammette anche il frazionamento in ore per un massimo di 18 ore mensili. (Circolare INPDAP 10 luglio 2000, n. 34).

  • I familiari ed affini di persone con handicap

L’articolo 33 della Legge 104/1992 prevede che i permessi di tre giorni possano essere concessi anche a familiari diversi dai genitori (es. fratelli, sorelle, nipoti ecc.) del disabile grave accertato tale con specifica certificazione di handicap (art. 3 comma 3 della Legge 104/1992) dall’apposita Commissione operante in ogni ASL.

E’ bene precisare che i permessi spettano ai parenti e agli affini entro il terzo grado di parentela.

La condizione è comunque che l’assistenza sia prestata in via continuativa ed esclusiva, anche in assenza di convivenza.

Rispetto alla retribuibilità, alle ferie e alla tredicesima mensilità valgono le indicazioni espresse riguardo ai genitori.

  • Congedi retribuiti di due anni

La Legge 388/2000 (art. 80 comma 2) ha integrato le disposizioni previste dalla Legge 53/2000 introducendo l’opportunità, per i genitori di persone con handicap grave, di usufruire di due anni di congedo retribuito.

Anche in questo caso la condizione principale è che il disabile sia stato accertato handicappato in situazione di gravità da almeno cinque anni.

Questa condizione esclude la possibilità di richiedere il congedo, ad esempio, nei casi di gravi disabilità di bambini in tenera età, o ancora nel caso di menomazioni derivanti da gravi lesioni, tanto improvvise da non aver ancora consentito l’accertamento dell’handicap.

Altra condizione è che il disabile non sia ricoverato a tempo pieno in istituto.

La Legge 388/2000 (art. 80 comma 2) prevede che questi congedi debbano essere retribuiti con un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione e coperti da contribuzione figurativa. L’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino ad un importo complessivo massimo di lire 70 milioni annue per il congedo di durata annuale.

Il congedo, della durata massima di due anni, spetta alternativamente ad uno dei genitori, anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap. Durante la fruizione di questo congedo i lavoratori non hanno diritto alla fruizione dei permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992.

La disposizione non prevede l’estensione ad altri parenti o affini (es. la moglie del disabile), né consente l’applicazione del beneficio a lavoratori diversi dai genitori nel caso questi siano anziani o impossibilitati fisicamente all’assistenza.

L’INPS ha regolamentato con due circolari (133/2000 e 138/2001) la fruizione di tale beneficio, introducendo alcune particolarità rispetto alle indicazioni della norma istitutiva.

Nel caso di figlio maggiorenne convivente con il genitore richiedente la concessione del congedo è possibile anche se l’altro genitore non lavora, o se sono presenti in famiglia altri soggetti non lavoratori in grado di prestare assistenza al disabile.

Nel caso invece di figlio handicappato maggiorenne non convivente con il richiedente, è necessario che sia garantita la continuatività ed l’esclusività dell’assistenza. Quindi se nel nucleo familiare del portatore di handicap, sono presenti altri soggetti (compreso l’altro genitore), non lavoratori, in grado di prestare assistenza, il congedo retribuito non può essere concesso.

Altra particolarità introdotta dall’INPS, riguarda l’ipotesi in cui il disabile svolga attività lavorativa: in tal caso il congedo non può essere concesso.

  • Disabili lavoratori

I lavoratori con handicap grave certificato (art. 3 comma 3 della Legge 104/1992) hanno diritto a richiedere mensilmente i tre giorni di permesso mensili oppure delle due ore di permesso giornaliero previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992.

  • Assicurati INPS

L’istituto sottolinea, nella circolare 133/2000, che la persona handicappata che lavora può beneficiare, alternativamente, o dei permessi "ad ore" o dei permessi "a giorni", ma precisa che il tipo di permesso richiesto (a giorni od ad ore), può essere cambiato da un mese all’altro previa semplice modifica della domanda a suo tempo avanzata.

La variazione può essere eccezionalmente consentita, anche nell’ambito di ciascun mese, nel caso in cui sopraggiungano esigenze improvvise, non prevedibili all’atto della prima richiesta, esigenze che devono essere documentate dal lavoratore. In tal caso la fruizione dei permessi residui (giornalieri o orari) verranno ricalcolati sulla base di quelli già goduti.

Altra particolarità (Circolare 37/1999) dettata dall’INPS: il lavoratore handicappato in situazione di gravità può usufruire solo dei permessi concessi a titolo personale, ma non di quelli per assistere un familiare convivente a sua volta disabile grave.

I permessi lavorativi possono invece essere concessi anche al familiare del lavoratore handicappato grave che già fruisca in proprio dei permessi, a condizione che questi abbia effettiva necessità di essere assistito dal familiare convivente lavoratore.

  • Assicurati INPDAP

Dopo l’approvazione della legge 53/2000, l’INPDAP, che assicura gran parte dei dipendenti della pubblica amministrazione, ha diramato due circolari (34 e 35 del 10 luglio 2000) che forniscono nuove precisazioni.

L’INPDAP accoglie le indicazioni del Legislatore: il lavoratore disabile può scegliere di fruire nello stesso mese o di permessi orari o giornalieri. Se sceglie di fruire dei tre giorni, il dipendente può chiedere il frazionamento orario nel limite massimo di 18 ore mensili. E’ una fattispecie che difficilmente può presentarsi: se il lavoratore infatti ha necessità di frazionamento orario è preferibile che opti per le due ore di permesso giornaliero. Infatti se si scelgono le due ore di permesso non viene posto il limite delle 18 ore.

Va poi evidenziata una diversità di trattamento rispetto agli assicurati INPS; è concessa la cumulabilità dei benefici in capo al lavoratore nella sua duplice qualità di familiare di persona disabile grave e di portatore, lui stesso, di handicap grave. Il cumulo è consentito a condizione che non vi siano altri familiari in grado di prestare assistenza.

  • Il Ministero del Tesoro

Il Ministero del Tesoro ha diramato nel 2000 una circolare (25 ottobre 2000 - prot. 094909) che restringe, per i propri assicurati, le opportunità previste dal Legislatore.

La circolare del 25 ottobre 2000 afferma che "il lavoratore handicappato maggiorenne, in situazione di gravità, può usufruire alternativamente di due ore di permesso giornaliero retribuito, fino ad un massimo di 18 ore mensili, oppure di tre giorni di permesso mensili (fruibili anche continuativamente)."

Gli assicurati del Ministero del tesoro (ad esempio i lavoratori del comparto "scuola"), quindi, se scelgono di optare per i permessi giornalieri si vedono porre un limite di ore non previsto per tutti gli altri dipendenti pubblici e privati.

  • Disabili lavoratori e prepensionamento

Secondo l’articolo 80 comma 3 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388, dal primo gennaio 2002 i lavoratori sordomuti e agli invalidi per qualsiasi causa (ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 74 per cento o assimilabile), possono richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa; il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva. La norma è in via di definizione da parte degli Enti Previdenziali di riferimento.

NON VEDENTI: DISPOSIZIONI SPECIFICHE

La materia dell'integrazione nel mondo del lavoro dei non vedenti è disciplinata anche da provvedimenti specifici che dettano particolari disposizioni per lo svolgimento delle professioni di centralinista telefonico, massaggiatori e massofisioterapisti ed altro.

  • Centralinisti telefonici

In base alla legge n. 113 del 10 marzo 1985, particolari agevolazioni sono previste per i non vedenti iscritti nell'albo professionale nazionale dei centralinisti telefonici. Si intendono privi della vista coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 ad entrambi gli occhi anche con correzioni di lenti.

Le Regioni, nell'ambito dei piani regionali di istruzione professionale, organizzano corsi per il conseguimento di tale abilitazione professionale, nonché periodici corsi di aggiornamento in rapporto allo sviluppo tecnologico del settore.

Per l'iscrizione all'albo nazionale dei centralinisti telefonici, tenuto presso il Ministero del Lavoro, occorre essere in possesso del relativo diploma di qualifica e dell'attestazione di idoneità fisica all'impiego.

Ai fini dell'iscrizione nell'albo professionale nazionale, sono validi i diplomi rilasciati da scuole statili o autorizzate per ciechi. I corsi hanno la durata di un anno per coloro che sono in possesso del diploma di scuola secondaria superiore o abbiano compiuto il 21° anno di età; di due anni per coloro che siano in possesso della licenza media. Sono ammessi ai corsi anche i non vedenti in possesso della licenza elementare. Le domande per l'iscrizione all'Albo e per l'esame di abilitazione devono essere presentate all'Ufficio regionale del lavoro.

Obblighi dei datori di lavoro

Privati: assunzione di 1 non vedente per ogni centralino telefonico con almeno 5 linee urbane.

Pubblici: assunzione di 1 non vedente per ogni ufficio, sede o stabilimento dotato di centralino.

Qualora il centralino telefonico, in funzione presso datori di lavoro pubblici o privati, abbia più di un posto di lavoro, il 51% dei posti è riservato a centralinisti non vedenti.

I non vedenti collocati ai sensi della presente legge sono computati a copertura dell'aliquota d'obbligo prevista dalla disciplina generale del collocamento obbligatorio, secondo la causa che ha determinato la cecità.

A tutti i centralinisti non vedenti è corrisposta una indennità di mansione pari a quella che si riconosce agli operatori dipendenti della Azienda di Stato per i servizi telefonici.

Le prestazioni di lavoro dei centralinisti non vedenti sono considerate particolarmente usuranti. Conseguentemente, agli stessi viene riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche Amministrazioni o aziende private, il beneficio di 4 mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e all'anzianità contributiva e assicurativa (v. Art. 2 L.120/91).

  • Massaggiatori e massofisioterapisti

In base alla legge n. 403 del 19 maggio 1971, sono tenuti ad assumere in ruolo un massaggiatore o massofisioterapista cieco diplomato ed iscritto nell'albo professionale nazionale:

ogni ospedale eccedente i 200 posti letto (ovvero una unità ogni 300 posti eccedenti i 700)

gli ospedali specializzati per cure ortopediche, di riabilitazione ecc., per ogni 50 posti letto.

Indipendentemente dal ruolo, sono tenuti ad assumere una unità tutte le case di cura con almeno 200 posti letto e, indipendentemente dai posti letto, tutti gli istituti e cliniche specializzate dove si pratichino cure ortopediche o cinetiche o massoterapiche, appartenenti a persone o enti privati o comunque da essi gestiti.

È bene ricordare inoltre le seguenti leggi:

L. n. 601 del 4 giugno 1962 sulla partecipazione dei ciechi a concorsi a cattedre.

L. n. 121 del 9 marzo 1964 sulla concessione di edicole a favore dei ciechi.

L. n. 12 del 5 gennaio 1955 sull'ammissione dei laureati e diplomati ciechi agli esami di abilitazione all'insegnamento ed a concorsi a cattedre.

L. n. 29 dell'11 gennaio 1994 detta "Norme a favore dei terapisti della riabilitazione non vedenti".

  • Ammissione ai concorsi e carriera direttiva nella P.A. e negli Enti pubblici

Ai sensi dell'art. 1 della legge n. 120 del 28 marzo 1991, la condizione di privo della vista non implica di per sé mancanza del requisito dell'idoneità fisica all'impiego per l'accesso agli impieghi pubblici, ivi comprese la Magistratura ordinaria, militare, amministrativa e contabile.

Lo stesso dicasi per l'ammissione ai concorsi per l'inquadramento nelle qualifiche funzionali o profili professionali superiori a quelli di appartenenza o nella qualifica di dirigenti.

La specifica condizione invalidante può costituire inidoneità fisica soltanto qualora il bando di concorso disponga in modo esplicito e motivato che tale condizione comporti inidoneità alle mansioni proprie della qualifica per la quale il concorso è bandito.

  • Personale direttivo e docente della scuola

Le attività lavorative dei non vedenti sono considerate particolarmente usuranti; conseguentemente in attesa della riforma del sistema pensionistico, ai privi della vista viene riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio, il beneficio di 4 mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e all'anzianità contributiva e assicurativa (v. Art. 2 L.120/91).

Il personale direttivo e docente della scuola privo della vista ha la precedenza assoluta nella scelta della sede quando sia immesso in ruolo a seguito di concorsi ordinari, ovvero sia in attesa di sede definitiva. Inoltre, tale personale ha la precedenza assoluta nei trasferimenti, passaggi ed assegnazione provvisoria relativi al movimento interregionale, interprovinciale ed intercomunale (art. 2 e 3 L. 120/91).

 

PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI

 

INSERIMENTO LAVORATIVO

Uno dei punti cruciali dell'inserimento lavorativo è quello del confronto e della compatibilità tra le esigenze dell'azienda e le richieste del lavoratore. Questo è valido in ogni caso e lo è, a maggior ragione, per quanto riguarda le persone disabili. Perciò negli ultimi anni è andata emergendo una nuova figura professionale: quella del Jobcoach, già frequente nel caso di esperienze estere e che sta iniziando a trovare una precisa collocazione anche nel nostro paese. Il Jobcoach è colui che si attiva per trovare il giusto punto di equilibrio tra realtà diverse: le aziende, con le loro esigenze di produttività e di efficiente risposta alle richieste del mercato; le persone disabili con i loro vincoli, necessità e aspettative; le tecnologie con le opportunità offerte inserendosi all'interno del processo lavorativo e formativo; la comunità civile, con le sue esigenze del rispetto di leggi e regole.

Da obbligo a risorsa

Il problema dell'inserimento lavorativo delle persone disabili si pone però anche sotto un altro punto di vista: quello della possibilità di una reale integrazione nelle strutture aziendali. È questo il principale obiettivo che ci dovrebbe porre, per trasformare l'assunzione di un appartenente alle categorie protette da semplice assolvimento di un obbligo legale a reale risorsa per l'azienda. L’aumento della produttività, che può essere riscontrato

anche quantitativamente, è solo una delle ragioni che rendono questo argomento di sicuro interesse per il datore di lavoro, ma c'è anche dell'altro.

Infatti, al di là del ruolo richiesto ad ogni Ente/Impresa in quanto parte della società civile, vi sono altre considerazioni che suggeriscono un impegno in questo campo.

Per cominciare, in base alla recente legislazione sul lavoro (vedi pagine……), i disabili dovrebbero rappresentare una componente rilevante, anche numericamente (7% circa) di ogni organizzazione.

Inoltre, gli ausili tecnologici oggi disponibili e i contributi finanziari previsti dalle varie leggi nazionali e regionali (vedi capitoli relativi), rendono sempre più fattibile un effettivo inserimento lavorativo delle persone disabili.

A questo proposito ASPHI, in collaborazione con la Fondazione IBM Italia, ha realizzato un documento dal titolo "Linee Guida per l’integrazione dei

disabili in azienda" (vedi al sito www.asphi.it).

Le linee guida

Di cosa tratta in concreto il documento? Oltre agli obiettivi del programma e i vantaggi che ne derivano per le aziende interessate, indica concretamente le linee di intervento nei diversi ambiti: dall’ingresso al lavoro (annunci di selezione e colloquio) all’ambiente di lavoro vero e proprio (sicurezza, accessibilità, accoglienza e comunicazione con i colleghi e i superiori), analizzando anche la possibilità di un effettivo inserimento mirato. In quest’ultimo campo è molto importante - affinché l’inserimento sia effettivamente vantaggioso per tutti - che l’azienda identifichi al proprio interno alcune figure responsabili del programma. In particolare, si tratta di quello che è stato definito come "Key Executive", a diretto rapporto con il management aziendale, responsabile dell’attuazione delle linee-guida e del raggiungimento degli obiettivi. Questa figura non deve necessariamente coincidere con il direttore del personale e anzi, per certi versi, è meglio che se ne distingua, per non incorrere in possibili confusioni di ruoli. Un’altra figura importante è quella del "Tutor", la persona a cui è affidato il compito di accogliere e seguire il collaboratore disabile nel concreto inserimento lavorativo. La sua funzione è diversa da quella del Key Executive, in quanto mirato soprattutto a curare la socializzazione del nuovo dipendente e a predisporre le azioni idonee al suo raggiungimento delle competenze e abilità richieste (tirocinii, aggiornamento, ecc.).

Al di là delle persone che possono facilitare l’inserimento del disabile, questo obiettivo viene raggiunto attraverso una precisa strategia, che ha inizio a partire dagli annunci per la ricerca di personale e dai colloqui di selezione. Semplici attenzioni come quella di verificare che il luogo dove si svolgerà il colloquio sia accessibile ai candidati disabili o di analizzare, durante il colloquio stesso, le abilità del candidato prima di parlare della sua disabilità, possono aiutare a individuare persone disabili realmente adatte alla posizione richiesta, a tutto vantaggio dell’impresa. Questo non vuol dire, del resto, che si debba adottare un atteggiamento "di assistenza" nei confronti del candidato disabile, o aver paura di discutere con lui il problema di fondo, cioè come la sua disabilità potrebbe influenzarlo nell’esecuzione del lavoro. Si tratta di un tabù da superare: il candidato si aspetta che se ne parli e, anche in questo caso, affrontando l’argomento nel modo più opportuno, se ne può ricavare un vantaggio per entrambe le parti (vedi anche la "scheda" pubblicata alla fine di questo volume). L’ambiente fisico di lavoro – dal punto di vista sia della sicurezza, sia dell’accessibilità - è ovviamente un aspetto chiave del felice inserimento nella struttura. A volte sono sufficienti piccoli accorgimenti o semplici soluzioni: può bastare un’illuminazione più brillante, un computer con speciali ausili o un dittafono.

 

TELELAVORO E TELEFORMAZIONE

Il mondo del lavoro oggi sta radicalmente cambiando. La tecnologia, rendendo molte attività eseguibili a distanza, consente di effettuarle da casa trovandosi però contemporaneamente "in azienda". Questa nuova strada, resasi necessaria per le mutate richieste del contesto sociale e produttivo attuale, può però essere anche una grande opportunità, per tutti ma soprattutto per le persone disabili. Infatti in presenza di un deficit è possibile che sorgano esigenze difficilmente compatibili con quelle di un luogo di lavoro "standard". Ne sono un esempio gli eventuali problemi logistici (spostamento da casa a ufficio), ma anche la necessità di cure o terapie su misura che si possono magari svolgere meglio disponendo di maggior libertà di orario ed essendo meno vincolati ad un luogo preciso. Inoltre il lavoro a distanza ha ovvi vantaggi nel consentire la scelta e l'adattamento personalizzato delle modalità del suo svolgimento. Sotto questi aspetti il telelavoro può rappresentare quindi, per le persone disabili, un'opportunità.

Tra i possibili rischi, invece, c'è in primo luogo quello di un potenziale

isolamento, mancando i momenti di contatto quotidiano che sono importanti nella costruzione di una professionalità completa. Altro grave possibile svantaggio è quello che il disabile sia nuovamente "ricacciato" in un contesto sociale protetto o, peggio, "nascosto": opera a distanza, si fa vedere il meno possibile, non creando così problemi all'ambiente lavorativo e ai suoi criteri di velocità, efficienza e valutazione dell'aspetto fisico esteriore.

Il fatto che il lavoro a distanza divenga sempre più, nei prossimi anni, un'opportunità per le persone disabili piuttosto che uno svantaggio, dipende da molteplici fattori, primi fra i quali il tipo di professione che si svolge e la preparazione che si possiede. Lavorare a distanza nel rispetto dei criteri di produttività e nel contempo di realizzazione professionale e personale dei lavoratori disabili è dunque possibile. Richiede però un reale impegno comune non solo nella tecnologia, ma anche nella formazione, motivazione e organizzazione del lavoro oltre che - come in qualsiasi altro ambito lavorativo - un grande e reciproco rispetto tra le persone.

Analogo a questo tema è, per certi versi, quello della teleformazione, resa possibile dallo sviluppo delle nuove tecnologie informatica e telematica. Qui, rispetto al telelavoro, le incognite sono minori - in quanto spesso si tratta di un'attività non continuativa, ma limitata ad un certo periodo di tempo o finalizzata ad un determinato obiettivo - e i vantaggi per il lavoratore disabile possono essere notevoli. Attraverso la formazione a distanza è possibile, anche per le persone con difficoltà motorie o altri deficit sensoriali, acquisire una precisa qualifica professionale in vista di un lavoro adatto. Inoltre la formazione a distanza, portata avanti in parallelo alla propria attività, può costituire (per i lavoratori disabili, ma anche per i normodotati) un ottimo strumento di aggiornamento, riqualificazione e preparazione a nuovi compiti o professioni diverse, quando le circostanze esterne o le motivazioni interiori suggeriscono la necessità di un cambiamento.

Aspetti previdenziali del telelavoro

I fini previdenziali del telelavoro hanno le stesse regole vigenti per i prestatori d’opera tradizionale. I telelavoratori sono sottoposti a forme obbligatorie di assicurazione al momento presenti per le diverse aree di lavoro:

· area di lavoro subordinato o dipendente, a tempo pieno o parziale, indeterminato o determinato;

· area del lavoro parasubordinato, con i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

· area del lavoro autonomo, intesa come rapporto di collaborazione saltuaria o come esercizio di una professione tesa alla fornitura di un servizio.

La legge per il telelavoro nel settore pubblico

Le proposte esposte in Parlamento sin dal 1996 sembrano aver destato l’interesse del Ministro della Funzione Pubblica che, nella Legge 191/98, meglio conosciuta come Bassanini ter, ha previsto, all’articolo 4, la possibilità, per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, di lavorare a distanza, e al comma 1 dello stesso articolo di questa legge si prevede di:

avvalersi di forme di lavoro a distanza;

installare le apparecchiature informatiche e i collegamenti telematici necessari;

autorizzare i propri dipendenti ad effettuare a parità di salario la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro;

accertare che l’organo di governo di ciascuna amministrazione individui gli obiettivi raggiungibili mediante il ricorso a forme di telelavoro, destinandovi apposite risorse;

assicurare che il telelavoro avvenga sulla base di un progetto che deve indicare gli obiettivi, i tempi e le modalità di realizzazione degli stessi, nonché i criteri di verifica;

garantire l’Autorità per l’informatica nella Pubblica Amministrazione (AIPA) fissa le regole tecniche per il telelavoro, anche in riferimento alla rete unitaria nella P.A. (art.6);

verificare che la contrattazione collettiva adegui alle specifiche modalità della prestazione, la disciplina economica e normativa del rapporto di lavoro e definisca oltretutto le modalità per l’accesso al domicilio del dipendente addetto al telelavoro dei soggetti aventi competenza in materia di sicurezza, salute e manutenzione.

I risultati della legge sul telelavoro nel settore pubblico non si sono fatti attendere: dal 1998, inizio della presentazione della legge, molte pubbliche amministrazioni hanno iniziato progetti di telelavoro delle forme più svariate.

 

IL LAVORO TEMPORANEO

La normativa sul lavoro interinale (o temporaneo), contenuta nella legge 196/97 inclusa nel cosiddetto "Pacchetto Treu", ha introdotto in Italia una forma di lavoro molto diffusa nel resto d’Europa.

Viene infatti prevista la possibilità per le imprese di "affittare" dipendenti a tempo determinato, reclutandoli da agenzie specializzate iscritte ad un apposito albo. Ne consegue che un'impresa fornitrice può porre uno o più lavoratori a disposizione di un'altra azienda affinché ne utilizzi, in via temporanea, le prestazioni.

La motivazione alla base di tale ipotesi contrattuale e' il "soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo delle imprese utilizzatrici".

Caratteristiche del rapporto

In termini tecnico-giuridici si ha lavoro interinale quando un'impresa "fornitrice" mette uno o più lavoratori a disposizione di un'impresa "utilizzatrice" per esigenze di carattere temporaneo.

Il rapporto di lavoro temporaneo si caratterizza per la presenza di tre soggetti:

· il lavoratore

· l'agenzia di lavoro temporaneo

· l'impresa che ha bisogno di personale.

In questo particolare schema trilaterale, l’agenzia stipula due distinti contratti:

· uno di lavoro temporaneo con il lavoratore temporaneo

· l’altro di fornitura temporanea di manodopera con il cliente, ma tra quest’ultimo e il lavoratore (che pure di fatto svolge la prestazione lavorativa sotto le direttive dell’impresa cliente) non intercorre alcuna relazione giuridica.

L'azienda paga all'agenzia l'ammontare della retribuzione più il servizio di fornitura della manodopera, mentre il lavoratore è assunto e retribuito dall'agenzia con un trattamento economico e previdenziale non inferiore a quello cui hanno diritto i lavoratori di pari livello dell'impresa utilizzatrice.

L'impresa fornitrice assume il lavoratore temporaneo con contratto a tempo determinato, pari alla durata della "missione" presso l'impresa utilizzatrice, ma può anche decidere di assumerlo invece a tempo indeterminato inviandolo, di volta in volta, sulla base di specifici contratti di fornitura, presso imprese utilizzatrici diverse.

Quando è possibile utilizzare il lavoro interinale?

In base all'art. 1 comma 2 della legge n. 196/1997, vengono indicate le circostanze (dette "causali") che rendono lecito lo strumento dell’intermediazione di manodopera. Eccole.

Temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali. Per individuare tali qualifiche (come è stato precisato dal Ministero del lavoro con circ. n. 141/1997) occorre far riferimento alle mansioni effettivamente svolte nell'arco degli ultimi 6 mesi nell'azienda, prendendo in esame anche la dislocazione delle unità produttive. Queste ultime sono da considerarsi autonomamente quando siano ubicate ad una distanza superiore a 50 Km o ad un'ora di percorrenza con i mezzi pubblici e quando le mansioni in esame siano concretamente riferibili alla specifica unità produttiva e non all'impresa nel suo complesso.

Sostituzione di lavoratori assenti - compresi quelli in ferie o in malattia (v. in tal senso ML circ. n. 141/1997) - purché si tratti di fattispecie diverse da quelle per le quali è vietata la fornitura di manodopera. Rientra in tale fattispecie anche la sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori in congedo di maternità o paternità prevista dall'art. 4 del D.Lgs. n. 151/2001 e per la quale l'assunzione è consentita anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva.

Le altre ipotesi per le quali è consentito sopperire con il lavoro temporaneo devono invece essere determinate - secondo quanto previsto dalla L. n. 196 - dai contratti collettivi nazionali delle imprese utilizzatrici stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.

Quando è invece vietato ricorrervi?

Ai sensi dell'art. 1 comma 4 della legge n. 196, la fornitura di lavoro interinale è vietata:

per le mansioni individuate dai contratti collettivi a cui sopra si è fatto cenno, con particolare riguardo alle mansioni il cui svolgimento può presentare maggiore pericolo per la sicurezza del prestatore di lavoro o di terzi;

per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 12 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura, salvo che la stessa avvenga per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto;

presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura;

a favore di imprese che non dimostrano alla Direzione provinciale del lavoro di aver effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. n. 626/1994;

per le lavorazioni che richiedono sorveglianza medica speciale e per lavori particolarmente pericolosi individuati con il D.M. 31 maggio 1999.

Esistono inoltre limiti numerici per l'utilizzazione dei prestatori di lavoro temporaneo. Infatti l'art. 1 comma 8 prevede che non possano superare la percentuale determinata dai contratti collettivi dei lavoratori occupati a tempo indeterminato dall'impresa utilizzatrice (in generale sull'argomento vedi anche INPS circ. n. 153/1998).

SOMMARIO

 


GLI AUSILI

Prima dell'avvento dei personal computer, non era possibile creare delle personalizzazioni, adattabili ai terminali non intelligenti. Essi infatti non erano in grado di accogliere cambiamenti particolari, non potevano, ad esempio, mostrare le informazioni in modalità diverse, o definire tipi differenti di immissione.

I PC, fin dalla loro comparsa, sono stati delle macchine piccole ma versatili; capaci, cioè, di accogliere al loro interno delle personalizzazioni, o di mostrare i dati usando maschere particolari.

Da quando i personal computer si sono definiti come "standard", il mondo è cambiato. Non analizziamo ora i cambiamenti generali: limitiamoci solo a ciò che questi cambiamenti hanno significato per i disabili.

Le persone disabili, molto spesso, hanno solo bisogno di strumenti per sopperire ad una mancanza, ad un deficit. Ad esempio, una persona non vedente non avrà problemi nell’uso della tastiera: tutte le dattilografe veloci e precise, da sempre hanno usato le macchine da scrivere guardando solo il foglio da copiare. Il problema per una persona cieca è di sapere quale sarà la risposta del calcolatore ad un comando immesso. Allo stesso modo, una persona con problemi motori, cioè con difficoltà nell’uso delle mani, pur essendo in grado di controllare lo schermo, ha difficoltà nell’uso degli strumenti di immissione, tastiera o mouse.

Se queste persone hanno ausili adeguati a superare la loro mancanza, il loro deficit, ecco che usare un computer diventa facile; anzi, dissolve le barriere di esclusione e di differenziazione che si formano, loro malgrado, intorno ai disabili.

L’avvento del personal computer ha determinato proprio questo: dare ad ognuno la modalità più consona alle sue possibilità per accedere ad uno strumento che, per chiunque, ha rappresentato un salto in avanti nella scuola, nel lavoro, nel tempo libero e, in generale, nell’accesso all’informazione e alla cultura.

Ormai da più di quindici anni si creano diversi tipi di ausili, strumenti hardware o programmi, capaci, come vedremo, di fornire aiuto sia nel campo riabilitativo che dell’accesso al computer. All’inizio gli ausili erano "rudimentali", semplici creazioni che lasciavano sperare nel futuro ma che non risolvevano definitivamente i problemi; oggi, gli ausili sono diventati apparecchiature o programmi sofisticati, in grado di risolvere con successo anche i problemi delle persone con le più gravi difficoltà.

Ci sono, ad esempio, ausili in grado di controllare un intero appartamento: luci, televisione, porte, finestre o altro, che permettono a disabili motori gravi di gestire autonomamente, in modo intelligente, la propria casa. Altri che consentono a persone non vedenti o ipovedenti una notevole autonomia nella gestione di un PC, mettendole in grado di utilizzare i programmi oggi più diffusi.

Ausili di accesso e ausili di riabilitazione

Una distinzione importante va fatta tra l’uso dell’elaboratore per l’handicap prevalentemente fisico/sensoriale e per quello che, genericamente, viene definito come ritardo mentale o disabilità intellettiva.

Infatti nel caso di handicap fisico/sensoriale il computer è uno strumento che consente di svolgere alcune funzioni che altrimenti sarebbero precluse, una sorta di protesi che consente di sopperire ad una funzione organica compromessa. In questo caso la verifica dell’utilità e la validità dell’ausilio è semplicemente data dal criterio di funzionalità, direttamente accertabile dall’utente finale.

In situazioni di ritardo mentale, è invece l’operatore che si serve dell’ausilio per interagire con l’utente e per far questo egli deve essere in grado di gestire e adattare l’ausilio al proprio progetto: obiettivi, contenuti, linguaggio, tempi verifiche.

In tale situazione diventa essenziale la scelta del software e delle modalità di utilizzo.

La scelta dell'ausilio

Per quanto riguarda l’hardware e i dispositivi elettronici, in generale non è detto che gli apparecchi più costosi siano sempre i migliori: in genere offrono maggiori possibilità di impiego ma risultano anche più complessi nell’uso e richiedono, di norma, un addestramento più lungo e impegnativo.

Occorre inoltre puntualizzare come, quasi sempre, qualsiasi soluzione informatica od elettronica non si completa con l’individuazione di uno specifico ausilio tecnologico, bensì di un "sistema ausilio".

Ciò dipende dal fatto che la persona disabile si rapporta con l’ambiente mediante una serie di azioni svolte con "modalità" non sempre comprensibili o efficaci: il compito dell’ausilio è aumentare l’efficacia di queste azioni, se necessario compiendo una elaborazione o una vera e propria opera di "traduzione" di codici espressivi e funzionali. Per questo motivo più che di ausilio è opportuno parlare di "sistema ausilio", un apparato più o meno complesso che riceve segnali particolari dalla persona disabile e li ritrasmette in modo più comprensibile o efficace all’ambiente circostante.

 

GLI AUSILI PER I NON VEDENTI

Nel caso di non vedenti, per i quali il senso mancante deve essere sostituito con altri, sono stati creati ausili che consentono l’accesso al computer utilizzando, appunto, altri sensi, ad esempio l’udito o il tatto. Questi sensi sostituiscono la vista, e permettono ad una persona non vedente di leggere sfruttando le sue potenzialità residue.

Ciò che conta, infatti, è raggiungere l’obiettivo, non tanto come lo si raggiunge. Questo, naturalmente, non vale solo per i ciechi, ma per tutti i disabili, ed in generale per tutte le persone.

Barra Braille

La barra Braille (detta anche terminale Braille, Braille labile o display Braille) è, insieme alla sintesi vocale, il principale strumento informatico per ciechi. Applicata ad un qualsiasi computer permette di trasformare il contenuto di parte dello schermo in un testo Braille a rilievo.

Importante è il numero di celle di una barra, ossia la sua lunghezza in caratteri Braille. Ci sono barre da 80, 40, 20... celle.

Quelle da 80, in ambiente DOS, hanno il vantaggio di contenere un’intera riga del monitor, ma sono assai costose e riservate in genere, per questo motivo, a persone che si servono del computer per scopi professionali. In ambiente Windows però, la lunghezza della riga è variabile, e per questo non è importante avere una barra da 80 celle, se non per il fatto che il numero di caratteri rappresentati su di essa è più elevato.

Le barre più comuni, comunque, hanno 40 celle, una lunghezza simile a quella della riga dei testi Braille su carta. Le barre con meno di 40 celle sono decisamente più economiche, e in genere sono parte di un sistema più ampio: piccoli portatili con varie funzioni, simili a quelle dei palmari.

Sintesi vocale

Anche questo ausilio ha avuto una lunga storia. I primi sintetizzatori vocali erano apparecchi esterni, collegati al PC tramite porta seriale o parallela, con una parte software che permetteva di organizzare la lettura dello schermo (o di parte) di esso utilizzando le regole fonetiche di una determinata lingua. Oggi i sintetizzatori vocali sono dei software che usano le potenzialità della scheda audio del personal computer. Essi gestiscono, come i loro predecessori, la lettura delle parole in diverse lingue.

Un testo può essere letto in vari modi: lettura del singolo carattere, parola per parola, riga per riga, lettura continua scorrevole, con punteggiatura, con indicazione degli attributi del testo (lettere maiuscole, corsivi, sottolineature), con spelling integrale, e così via.

Screen reader

Una barra braille o una sintesi vocale non possono funzionare senza l’ausilio di un programma che indichi al dispositivo come agire. Esso diventa indispensabile per stabilire quale parte dello schermo debba essere evidenziata automaticamente sulla barra o letta dalla sintesi. Qesto software viene detto screen reader. L’evoluzione degli screen reader (cioè dei programmi di gestione di sintesi o barre) è stata molto rapida in questi anni. In ambiente DOS nulla resta inesplorato per una persona cieca; in ambiente Windows quasi tutte le applicazioni sono diventate accessibili, grazie all’adattamento degli screen reader alle sempre più evolute esigenze della grafica.

La funzione dello screen reader viene poi completata, com'è ovvio, dalla presenza - sia sulla tastiera del PC sia sulla barra stessa - di comandi che portano ad evidenziare o ad ascoltare ciò che si desidera: righe, caratteri, parole o parti importanti di una finestra.

Stampanti Braille

Le stampanti Braille consentono la stampa a rilievo, su carta, di un qualsiasi testo in formato elettronico.

I vari modelli in commercio si differenziano principalmente per la velocità di stampa e per la possibilità (presente in quelli più sofisticati) di stampare ad interpunto, ossia su entrambe le facciate di una pagina ma in modo che i due testi non interferiscano. Questa modalità di stampa consente di ridurre praticamente a metà il peso e l’ingombro di un testo Braille.

Anche se il funzionamento non è dissimile da quello di una normale stampante in nero, la stampa in Braille presenta particolari problemi per la necessità, in genere, di trascodificare il testo predisponendolo per una stampa corretta in Braille a 6 punti. Essa prevede che le lettere maiuscole o i numeri siano preceduti da un carattere, chiamato segnamaiuscole o segnanumeri. Anche la stampa in Braille è gestita da programmi capaci di adattare il testo alle esigenze dei diversi tipi di Braille.

Scanner e sistemi OCR

Lo scanner è un apparecchio che cattura una immagine grafica trasformandola in informazione digitale. I programmi OCR (Optical Character Recognition) riconoscono i caratteri di un testo stampato su carta e trasformano l’immagine in documento elettronico che potrà essere memorizzato su disco, stampato (in nero o in Braille), letto con la barra Braille o la sintesi vocale.

Sia scanner che OCR sono prodotti di uso generale. Esistono però dei programmi OCR progettati espressamente per l’uso da parte di persone non vedenti: essi sono in grado, ad esempio, di decodificare il testo anche se non viene posizionato correttamente sul piano dello scanner, di riconoscere la struttura della pagina anche se articolata in colonne, titoli e paragrafi, di eliminare disegni, fotografie e tabelle.

Esistono infine scanner con OCR collegati direttamente ad una sintesi vocale per la lettura istantanea del testo.

Da notare, comunque, che scanner ed OCR, a parte quelli specifici collegati a sintesi vocale, non sono dispositivi nati per essere utilizzati da persone non vedenti o con altre disabilità. Essi hanno cambiato il mondo aziendale, consentendo a tutti di gestire meglio, con maggior profitto, documenti e testi.

 

GLI AUSILI PER GLI IPOVEDENTI

A chi è ipovedente, ha cioè una ridotta capacità visiva, la flessibilità del mezzo informatico consente in modo dinamico sia l’ingrandimento sia la variazione di colori e di sfondi di quanto appare sullo schermo.
 

Videoingranditori

Sono apparecchi che, attraverso un sistema di telecamera a circuito chiuso, riprendono l’immagine di un testo e la proiettano, ingrandita, su un video.

Con un sistema ottico/elettronico (zoom) è possibile definire il grado di ingrandimento.

L’ingrandimento riduce il campo visivo, per cui l’utente deve spostare il testo da leggere sotto l’obiettivo. L’operazione si ottiene facilmente attraverso un carrello a slitta mosso manualmente.

I videoingranditori si usano essenzialmente per leggere dei testi su carta. Naturalmente, esistono dei programmi di ingrandimento che consentono di gestire in completa autonomia il personal computer.

Ingranditori per computer

Si tratta di software che aumentano le dimensioni dei caratteri sul monitor in modo da permetterne l’uso da parte di persone con gravi minorazioni visive.

Essi sono programmi residenti in memoria (che rimangono quindi attivi anche quando si caricano successivamente altri programmi) che aumentano le dimensioni dei caratteri. Non richiedendo apparecchiature particolari e sono installabili su qualsiasi computer.

L’ingrandimento riduce la porzione di schermo che può essere consultata. Con un sistema di ricerca (comandato, in genere, da un mouse) è possibile selezionare la parte del video che interessa.

Oltre ad ingrandire nel modo desiderato caratteri, immagini o icone, i programmi di ingrandimento consentono di gestire contrasti di colore, forma del puntatore del mouse e lettura formattata di documenti.

Molti ingranditori sono dotati anche di sintesi vocale. Essa si rivela molto utile quando si desidera leggere lunghi testi che non sia necessario verificare. Anche se non si tratta di veri e propri screen reader, perché sono più rudimentali nella ricerca delle parti più importanti dello schermo, molti ipovedenti usano volentieri questo binomio (ingrandimento e voce) per gestire le applicazioni desiderate.

Anche gli ingranditori funzionano sia sotto DOS che sotto Windows e si adattano molto bene sia ad esigenze professionali o di studio che di uso del computer per il tempo libero.

Il problema dell’ingrandimento dei caratteri può avere, in certi casi, una soluzione adeguata anche attraverso normali programmi di scrittura in ambiente grafico WINDOWS tm, che consentono di utilizzare set di caratteri di varie dimensioni, forme e colori, o utilizzando l’accesso facilitato di Windows. Molto spesso però, a differenza di quanto avviene per gli ingranditori, in questi casi non è possibile gestire bene icone ed immagini, ed è quindi preferibile utilizzare un programma di ingrandimento.

La soluzione, comunque, dipende sempre dal tipo di visione della persona e da ciò che si desidera fare col PC.

 

GLI AUSILI PER GLI AUDIOLESI

Anche una persona non udente può trarre vantaggio dall’uso del personal computer sia in campo riabilitativo che educativo. Per ausili in questo caso si identificano quei pacchetti software specifici che, provvisti di una grafica accurata e di una puntuale interattività, favoriscono la motivazione al lavoro e consentono di rilevare visivamente un feed-back prezioso delle azioni svolte.

Software educativi

In ambito educativo un software adeguato può essere di aiuto per un lavoro sia di gruppo che individuale, favorendo in questo modo l’integrazione di classe.

Esistono diversi tipi di software tra cui:

software per facilitare l’apprendimento della letto-scrittura

software per apprendere in modo interattivo con il supporto delle immagini la composizione di frasi elementari

software per lo sviluppo e potenziamento delle frasi locative

software diagnostici, che consentono di effettuare uno screening sulla capacità uditiva dei bambini a partire dalla scuola materna

software riabilitativi, che consentono di programmare sessioni di riabilitazione in cui il bambino o l’adulto sordo possono interagire con il computer attraverso un microfono ed avere in risposta un feed-back visivo dei segnali emessi.

Un altro aiuto ai non udenti viene dai riconoscitori del parlato, software in grado di ascoltare e trascrivere le parole pronunciate dall’uomo. In questi casi, l’aiuto al non udente consiste nel fare apparire sullo schermo del computer la trascrizione di quanto pronunciato al microfono. La persona con problemi di udito legge sullo schermo ciò che viene detto da una persona e riesce anche ad imparare l’esistenza di nuove parole, difficili da capire leggendo le labbra, quando non si conoscano. Naturalmente resta poi il problema di associare alla parola scritta un corretto significato; ma questo non può essere risolto dall’informatica: si tratta invece di un problema culturale e di relazioni.

 

GLI AUSILI PER I DISABILI MOTORI

Per quanto riguarda la accessibilità al computer, i problemi maggiori si presentano per i deficit agli arti superiori e riguardano soprattutto l’uso della tastiera e del mouse.

I piccoli accorgimenti

Esempi di questi problemi sono la necessità di introdurre tutti i caratteri usando un solo dito e un solo tasto, il dover usare al posto del dito una leva applicata ad un casco, la facilità di commettere errori involontari dovuti a tremolio della mano o alla pressione troppo prolungata del tasto, la difficoltà di avere stabilità e precisione nel dirigere il mouse.

Tra le modifiche più comuni da apportare alla tastiera, c’è in genere l’applicazione di una "mascherina", cioè di un copritastiera fisso, di plexiglas o metallo, con dei fori in corrispondenza dei vari tasti. In questo modo sarà possibile appoggiare la mano sulla tastiera ed infilare nei fori le dita per premere solo i tasti che interessano.

I copritastiera sono strumenti molto semplici: possono essere costruiti artigianalmente o richiesti ad alcune ditte specializzate.

Per i casi meno difficili, Windows presenta alcune soluzioni, quando si utilizza l’icona "Accesso facilitato". Essa consente di ritardare o evitare la ripetizione di ogni tasto, di premere separatamente tasti che di solito devono essere premuti insieme, di usare i tasti di spostamento del cursore al posto del mouse e così via.

Le tastiere speciali

Sono tastiere costruite espressamente per utenti disabili.

Per le tastiere, esiste tutta una gamma di interventi che consiste nel fornire dispositivi speciali esterni. In alternativa o in aggiunta, si può intervenire con del software particolare, inserito all’interno del computer. Ecco i principali tipi di tastiere speciali.

Tastiere espanse

Adatte a coloro che hanno problemi nella motricità fine, le tastiere espanse differiscono da quelle normali per la maggior dimensione dei tasti e per la maggior distanza tra di essi.

Dispongono in genere anche di altri accorgimenti, utili per queste persone: gestione facilitata dei tasti multipli, regolazione del tocco, tasti concavi e non sporgenti ecc.

Tastiere ridotte

Per chi non riesce ad articolare i movimenti su un’area vasta, le tastiere ridotte raggruppano tutti i tasti standard in una piccola superficie: sono indicate quando la motricità fine è discretamente conservata mentre risulta compromessa la capacità di dominare, con l’articolazione del braccio, un’area abbastanza vasta.

Tastiere riconfigurabili

Si tratta di superfici piane sensibili al tocco, la cui area viene divisa in riquadri corrispondenti ai vari tasti. La dimensione, la posizione e il carattere assegnato a queste aree non è però costante, ma dipende da un foglio di plastica o carta che viene applicato, contenente il disegno della tastiera. La stessa tastiera può quindi essere usata in vari modi, a seconda dei bisogni o dei progressi dell’utente.

Strumenti di input alternativo

Se l’utente non è in grado di gestire la tastiera in modo diretto, occorre passare a degli strumenti di input alternativo. Due sono, attualmente, le strade percorribili: i sistemi a scansione e l'immissione a voce.

Nei sistemi comandati a voce, al computer viene applicato un microfono, una scheda audio e un software di riconoscimento vocale che consente di riconoscere un certo numero di parole dettate dall'utente e di associarle a comandi relativi al sistema operativo o alle particolari applicazioni. Questi sistemi sono efficaci soltanto se la persona ha un buon controllo della voce. Attualmente i sistemi di riconoscimento sono evoluti al punto di consentire anche la dettatura e la trascrizione di testi usando vocabolari di parole molto vasti, praticamente illimitati. Con un computer che riconosce un limitato numero di comandi un disabile può comandare un sistema di automazione dell’ambiente in cui si trova (domotica) o la carrozzina di cui si serve. Con un riconoscitore a vocabolario illimitato si può scrivere documenti, collegarsi alla rete per navigare e gestire la posta e usare molte applicazioni di Windows.

I sistemi a scansione si servono di un numero limitato di tasti (da uno solo ad un massimo di cinque o sei). In questo caso la scrittura non viene più effettuata in modo diretto (un tasto per carattere) ma attraverso un procedimento di selezione e conferma. Si tratta di un sistema che avrebbe possibilità di scrittura illimitate ma, in pratica, viene fortemente condizionato dalla sua lentezza di esecuzione dovuta ai prolungati tempi di attesa o alla macchinosità di certe operazioni. Sono state ideate negli ultimi anni varie soluzioni, più o meno efficaci, per accelerarle, ma in genere quello che si guadagna in velocità va a scapito della semplicità d’uso. Parecchi sono i programmi a scansione distribuiti in Italia sia a titolo gratuito che commerciale. Si differenziano, oltre che per la qualità della grafica, la facilità d’uso e la ricchezza delle opzioni, per alcune importanti differenze di impostazione riguardo al tipo di scansione scelto.

I sensori

Per svolgere la stessa funzione di un singolo tasto, si possono infine utilizzare apparecchi alternativi detti sensori: si differenziano fra loro per la modalità di attivazione (pressione, ma anche spostamento, scuotimento, tocco, soffio...), per la forma e dimensione, per il tipo o la forza di movimento richiesto ecc. La gamma di sensori diversi disponibili presso le ausilioteche o ditte specializzate è vastissima e adattabile a qualsiasi capacità motoria residua, purché volontaria.

 

GLI AUSILI PER I DISABILI MENTALI

Nel caso di menomazioni della capacità intellettiva e psicologiche in genere, i problemi di accessibilità non sono più in senso stretto quelli che si riferiscono alla pura operatività al computer, ma in senso lato quelli che riguardano la padronanza logica delle operazioni che si eseguono.

Il termine "ritardo mentale" che è riferito alle conseguenze di questo tipo di deficit, sta a indicare la minore capacità di chi ne è affetto nel conseguire tale padronanza. Per gli altri deficit il ricorso alla tecnologia informatica rappresenta, come già accennato, una specie di protesi, ovvero uno strumento che consente di sopperire ad una funzione organica compromessa. In tal caso il criterio di valutazione è semplicemente quello della funzionalità e, come tale, può essere direttamente accertato dall’utente finale, mentre altrettanto non si può dire nel caso del ritardo mentale.

La differenza è importante: non è il disabile che si serve del computer (anche se apparentemente sembra sia così) né, tanto meno, che impara dal computer con maggiore o minore efficacia: è l’insegnante o il terapeuta che si serve di questo apparecchio per interagire didatticamente con il disabile.

Ma per far questo egli deve essere in grado di dominare la macchina, ovvero di gestirla e adattarla al proprio progetto didattico: obiettivi, contenuti, linguaggio, tempi, verifiche...

Fondamentale diviene naturalmente la scelta dei programmi e la loro modalità di somministrazione.
Per persone con ritardo mentale, quindi, il computer diventa uno strumento didattico o riabilitativo, e non ha bisogno di essere corredato di ausili per accedervi.

 

CONCLUSIONI

Come si è visto da questa sintetiche informazioni, gli ausili mettono in grado le persone disabili di usare in completa autonomia un PC e riducono, anche se sicuramente non lo annullano, il loro handicap.

Tale fatto ci pone di fronte ad un aumento di persone che possono svolgere una vita "normale" sia a livello scolastico che lavorativo. Spesso si tratta infatti soltanto di capire quale sia il posto giusto da assegnare in azienda ad una persona disabile che, se dotata degli opportuni strumenti, sarà in grado di svolgere correttamente le attività che le verranno assegnate. A volte la disabilità può spaventare: come sarà il collega che ci lavora a fianco, magari spastico o cieco? Come potrà rapportarsi a noi? Questo, come sempre, è un problema di rapporti, non di lavoro: egli sarà in grado di fare esattamente le cose che facciamo noi, e se non sarà così, questo dipenderà dal suo carattere o dal tipo di lavoro assegnatogli, non dalla sua disabilità.

Perciò per le persone con disabilità è ancora più importante, rispetto agli altri, l'esatta assegnazione delle mansioni da svolgere.

 SOMMARIO

 


ASSOCIAZIONI CHE SI OCCUPANO DI DISABILITA’

Di seguito elenchiamo alcune delle principali associazioni, da noi scelte,tra quelle che si occupano di disabilità.

 

A.I.E.S.
Associazione Italiana Educatori dei Sordi
Via T. Pendola, 1
53100 Siena
Tel. e fax 0577-47048
Sito Internet: http://space.tin.it/scuola/mbennati/

A.L.F.A. 
Associazione Lombarda Famiglie Audiolesi
Via Teuliè, 11 - 20136 Milano
02/58320264 - 02/58322129
Sito Internet: http://digilander.iol.it/audiolesi

F.I.A.D.D.A.
Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi
Via San Bartolomeo degli Armeni, 1
16122 Genova
Tel. 010 – 8392594 / 8371532
Fax 010 -815925
Sito Internet: http://www.fiadda.it/

U.I.C.
Unione Italiana Ciechi
Via Borgognona, 38
00187 Roma
Tel. 06.69.98.81
Fax 06.67.86.815
Sito Internet: http://www.uiciechi.it/

R.P. ITALIA
Associazione Italiana per la Retinite Pigmentosa
P.zza IV Novembre, 4 - 20124 Milano
Tel. 02/67070825 - Fax 02/67070824

F.I.A.R.P.
Federazione Italiana Associazioni di Retinite Pigmentosa
Sito Internet: http://www.fiarp.it

A.N.S. 
Associazione Nazionale Subvedenti
Via Clericetti, 22 - 20133 Milano
Tel. e fax 02/70632850
Sito Internet: http://www.micronet.it/ansubvedenti
E-mail: ansubvedenti@micronet.it

 

A.T.R.I Onlus
Associazione Toscana Retinopatici e I
povedenti
(Associata a Retina Italia)
Via A. Meucci 4
54033 Codena-Carrara (MS)
Tel. 0585 775171
Sito Internet: http://www.atritoscana.it

A.I.S.A.
Associazione Italiana Sindromi Atassiche
Viale S. Lorenzo – Residence "Azalea" 12/E2
00040 Tor San Lorenzo – Ardea (RM)
Tel. 06 - 91014662

A.I.S.M.
Associazione Italiana Sclerosi Multipla
Vico chiuso Paggi, 3 - 16128 Genova
Tel. 010-27131 - Fax. 010-2470226
Sito Internet: http://www.aism.it/
E-mail: aism@aism.it

U.I.L.D.M. 
Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare
Direzione Nazionale
Via P.P. Vergerio, 17 - 35126 Padova 
Tel. 049-8021001/757361 - 
Fax 049-757033
Comitato Reg. Lombardo 
Via A. Lissoni, 14 - 20052 Monza (MI)
Tel. 039/2496703/2 - Fax 039/2496743
Sito Internet: http://www.uildm.org/
E-mail: uildmcrl@tin.it

F.A.I.P.
Federazione Associazioni Italiane Para-tetraplegici
Via G. Cerbara, 20
00147 Roma
Tel. 06-51605175
Fax 06- 51883253
Sito Internet: http://www.faip-onlus.org
E-mail: faip-segreteria@libero.it

Vivi Down 
Associazione Italiana per la Ricerca Scientifica e la Tutela della Persona Down
Via San Maurilio, 8 - 20123 Milano
Tel. 02/8056238 - Fax 02/86452083
Sito Internet: http://www.vividown.org

Unione Nazionale Down
Via Volta, 19
16128 Genova
Tel. 010 – 584529
Fax 010 - 541527
Sito Internet: http://digilander.iol.it/unidown
E-mail: unidown@libero.it

Associazione Italiana Persone Down
Viale delle Milizie, 106
00192 Roma
Tel.: 06-3723909
Sito Internet: http://www.aipd.it/

A.I.A.S.
Associazione Italiana Assistenza Spastici
E-mail: info@aiasmilano.it 
A.I.A.S. Milano Onlus (Associazione Italiana Assistenza Spastici)
Via P Mantegazza, 10 - 20122 Milano
Tel. 02/3302021 - Fax 02/33020250
Sito Internet: http://www.aiasmilano.it
E-mail: info@aiasmilano.it 
E-mail Sportello Vacanze: aiasmi.vacanze@tiscalinet.it

A.N.F.F.A.S.
Associazione nazionale Famiglie Fanciulli e Adulti Subnormali
Via E.Gianturco, 1 - 00196 Roma 
Tel. 06/3611524 - 3212391 
Fax 06/3212383
Sito Internet: http://www.anffas.net

SOMMARIO

 


ALLEGATI

 

SINTESI DELLE PRESTAZIONI RELATIVE ALLA PERCENTUALE DI INVALIDITA' CIVILE

33 - 45

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

46 - 66

Lavoro - iscrizione alle liste speciali di collocamento.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

67 - 73

Sanità - non pagano i medicinali (esclusi quelli in classe C) né le prestazioni diagnostiche, specialistiche e di laboratorio.

Lavoro - iscrizione alle liste speciali di collocamento.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

74 - 99

Assistenza - concessione dell’assegno mensile di assistenza, se iscritti alle liste speciali di collocamento e reddito inferiore a 3.755,83 euro (2002) e se di età inferiore ai 65 anni maggiore ai 18.

Sanità - non pagano i medicinali (esclusi quelli in classe C) né le prestazioni diagnostiche, specialistiche e di laboratorio.

Lavoro - iscrizione alle liste speciali di collocamento.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

100

Assistenza - concessione della pensione di inabilità se titolari di reddito inferiore a 12.796,09 euro (2002) e se di età inferiore ai 65 anni e maggiore ai 18.

Sanità - non pagano i medicinali (esclusi quelli in classe C) né le prestazioni diagnostiche, specialistiche e di laboratorio.

Lavoro - iscrizione alle liste speciali di collocamento.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

100 +

Si intendono quegli invalidi totali non in grado di deambulare autonomamente o non in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita.

Assistenza - concessione della pensione di inabilità se titolari di reddito inferiore a 12.796,09 euro (2002) e se di età inferiore ai 65 anni maggiore ai 18. Concessione dell’indennità di accompagnamento.

Sanità - non pagano i medicinali (esclusi quelli in classe C) né le prestazioni diagnostiche, specialistiche e di laboratorio.

Lavoro - iscrizione alle liste speciali di collocamento.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

 

 

MINORI CON INVALIDITA' CIVILE

Nota bene: di norma l’invalidità dei minori non viene percentualizzata, ma viene definita con le locuzioni riportate nella colonna di sinistra.

 

Minore con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età

Assistenza - concessione dell’indennità di frequenza se titolari di reddito inferiore reddito inferiore a 3.755,83 euro (2002) e frequentanti scuole o centri di riabilitazione.

Sanità - non pagano i medicinali (esclusi quelli in classe C) né le prestazioni diagnostiche, specialistiche e di laboratorio.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

Minore con perdita uditiva superiore a 60 db nell’orecchio migliore

Assistenza - concessione dell’indennità di frequenza se titolari di reddito inferiore reddito inferiore a 3.755,83 euro (2002) e frequentanti scuole o centri di riabilitazione.

Sanità - non pagano i medicinali (esclusi quelli in classe C) né le prestazioni diagnostiche, specialistiche e di laboratorio.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi.

Minore in grado di deambulare autonomamente o non in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita.

Assistenza - concessione dell’indennità di accompagnamento.

Sanità - non pagano i medicinali (esclusi quelli in classe C) né le prestazioni diagnostiche, specialistiche e di laboratorio.

Ausili - fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale connessa alla diagnosi

 

LE AGEVOLAZIONI FISCALI

La normativa italiana ha, negli corso di un paio di decenni, previsto agevolazioni fiscali a favore delle persone con disabilità e per i loro familiari. Solitamente l’agevolazione si riferisce a prodotti o servizi per i quali il disabile è costretto a sostenere oneri aggiuntivi, oppure che il contribuente è "costretto" ad acquisire proprio a causa della propria condizione.

Le agevolazioni sono relative a:

IVA: si tratta di un’imposta indiretta che grava al momento dell’acquisto di un bene. L’IVA ordinaria è del 20%, ma per alcuni prodotti e servizi destinati alle persone con disabilità, viene applicata un’aliquota di favore, solitamente al 4%.

IRPEF: si tratta di un’imposta diretta che grava sul contribuente che produce un reddito (da lavoro, da fabbricati, da terreni ecc.). Per alcune spese sostenute si riconosce al disabile la possibilità di detrarre o dedurre alcuni oneri sostenuti, pagando quindi "meno tasse".

Tasse di concessioni governative e automobilistiche: sono imposizioni dovute allo Stato per l’accesso ad alcuni servizi o per il possesso di alcuni beni. Nel caso dei disabili vengono riconosciute esenzioni particolari

Tributi locali: l’ICI, la COSAP, la TARSU sono imposte di carattere prettamente locale, su cui gli enti competenti possono prevedere alcune agevolazioni o riduzioni.

Le agevolazioni sui veicoli

I disabili o i loro familiari che acquistano un veicolo, possono contare su quattro benefici fiscali: l’IVA agevolata, la detraibilità IRPEF, l’esenzione dal pagamento del bollo auto e l’esenzione dalle imposte di trascrizione sui passaggi di proprietà.

IVA agevolata (4%). Si può beneficiare di questa agevolazione solo una volta ogni quattro anni, salvo cancellazioni dal Pubblico Registro Automobilistico avvenute prima della scadenza del quadriennio. L’IVA agevolata deve essere applicata anche alle prestazioni rese da officine per adattare i veicoli, anche usati, e alle cessioni di strumenti e accessori montati sui veicoli.

Detrazione IRPEF, che può essere fatta valere al momento della denuncia dei redditi. È pari al 19% della spesa sostenuta per l’acquisto e l’eventuale adattamento del mezzo di trasporto. Questa cifra va sottratta dall’imposta lorda che, per quell’anno, si deve all’erario e può essere suddivisa in quattro quote annuali di pari importo. La spesa ammissibile alla detrazione è di 35 milioni di lire (al 19%). La detrazione spetta solo ogni quattro anni. Tuttavia nel caso in cui il veicolo sia cancellato (distruzione, rottamazione) dal Pubblico Registro Automobilistico prima dei quattro anni, è possibile accedere nuovamente al beneficio. In caso di furto e non ritrovamento del mezzo, sarà possibile usufruire nuovamente della agevolazione, ma sottraendo dalla spesa di 35 milioni il relativo rimborso assicurativo.

Sono detraibili, sempre con il vincolo dei quattro anni, anche le spese per le riparazioni che non rientrano nell’ordinaria manutenzione; sono escluse, quindi, le spese sostenute per gli interventi dovuti a normale usura del mezzo come pure i costi di esercizio quali, ad esempio, la tassa di possesso, il premio assicurativo, il carburante e il lubrificante.

Esenzione dal pagamento del bollo auto. Spetta su un solo veicolo per volta, senza limiti di cilindrata; per accedere a questo beneficio bisogna presentare una specifica domanda agli uffici periferici del Ministero delle finanze, allegando la documentazione prevista. Anche in questo caso sono previsti gli stessi limiti di cilindrata fissati per l’IVA agevolata (2000 cc motore a benzina, 2800 motore diesel).

Esenzione dalle imposte di trascrizione sui passaggi di proprietà (es. IET, APIET ecc.). Spetta sia in occasione dell’acquisto di un veicolo nuovo che di un veicolo usato. È necessario presentare la richiesta alla Direzione Regionale delle Entrate (del Ministero delle Finanze) competente per Provincia, allegando la seguente documentazione:

QUALI VEICOLI

Ferme restando le limitazioni di cilindrata (2000 cc a benzina, 2800 cc diesel) previste per l’IVA agevolata, solo alcune tipologie di veicoli sono ammesse ai benefici fiscali e tributari. Possono fruirne autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo, autoveicoli per trasporti specifici.

Per i disabili psichici, mentali o motori è possibile inoltre accedere alle agevolazioni anche se i veicoli sono motocarrozzette a tre ruote, motoveicoli per trasporto promiscuo o per trasporti specifici. Infine le spese sostenute a partire dal 2001 per l’acquisto di caravan, potranno essere detratte in sede di denuncia dei redditi; sugli stessi veicoli si continua tuttavia a pagare l’IVA al 20%.

CHI NE HA DIRITTO

Tutte le agevolazioni spettano direttamente alle persone con disabilità, o ai loro familiari che li abbiano fiscalmente a carico.

Il disabile può essere considerato "fiscalmente a carico" quando non percepisce un reddito annuo superiore ai 5.500.000 di lire e convive con il familiare che intende avvalersi delle agevolazioni fiscali e tributarie. Non costituiscono reddito le provvidenze assistenziali come le indennità, le pensioni o gli assegni erogati agli invalidi civili.

A seconda della tipologia di disabilità variano i benefici fiscali concessi, le modalità per accedere a ciascuna agevolazione e la documentazione da presentare.

Le tipologie di disabilità sono le disabilità motorie, disabilità motorie con gravi difficoltà di deambulazione, disabilità psichiche o mentali, disabilità sensoriali (non vedenti e sordomuti).

Disabili motori

Ai fini delle agevolazioni fiscali, rientrano nella categoria dei disabili motori:

• i disabili titolari di patenti speciali con ridotte o impedite capacità motorie con l’obbligo di utilizzare particolari dispositivi di guida.

• I disabili che abbiano richiesto la patente speciale e che sono in possesso di certificato di idoneità alla guida.

• I disabili motori che per la natura della loro menomazione o perché minorenni non possono conseguire la patente di guida speciale e che quindi devono essere trasportati o accompagnati da terzi.

Nel caso in cui la disabilità motoria non comporti una grave limitazione delle capacità di deambulare o non dipenda da una pluriamputazione, gli interessati, o i familiari che li abbiano in carico fiscale, devono obbligatoriamente adattare il mezzo al trasporto quale condizione per accedere ai benefici fiscali. I veicoli destinati al trasporto di disabili, per essere considerati tali, devono essere opportunamente allestititi con almeno uno degli adattamenti previsti dal Ministero dei Trasporti.

Per i veicoli adattati alla guida possono essere considerati adattamenti anche quelli prodotti in serie (ad esempio il cambio automatico), purché tali dispositivi siano riportati come prescrizione nella patente di guida o nel foglio rosa.

Disabilità motorie con gravi difficoltà di deambulazione

Le persone con disabilità motoria che comporti una grave difficoltà di deambulazione o che derivi da una pluriamputazione, non devono obbligatoriamente adattare il veicolo per poter accedere alle agevolazioni fiscali. Tali condizioni devono essere dimostrate esibendo il certificato di handicap grave rilasciato, dalla ASL competente, ai sensi dell’articolo 3 comma 3 della Legge 104. Questo documento non va confuso con il certificato di invalidità.

Disabili psichici o mentali

Le persone con disabilità mentale e psichica sono state ammesse solo di recente alle agevolazioni fiscali sui veicoli. In questi casi i benefici vengono concesse senza l’obbligo di adattamento del veicolo. Per accedere alle agevolazioni, persone con disabilità mentale e psichica devono presentare sia il certificato di handicap grave (art. 3 comma 3 Legge 104/1992), sia dimostrare di essere titolari di indennità di accompagnamento. Sono esclusi quindi i disabili titolari di indennità di frequenza.

Disabilità sensoriali (non vedenti e sordomuti)

I non vedenti e i sordomuti possono godere delle agevolazioni legate all’acquisto e al possesso di veicoli anche se non adattati al trasporto.

I non vedenti e i sordomuti possono accedere ai benefici solo in caso di acquisto di autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo o per trasporti specifici. Non è concessa quindi nessuna agevolazione relativamente ai motoveicoli.

Non è prevista, inoltre, per questa categoria di disabili, l’esenzione dalle imposte di trascrizione sui passaggi di proprietà.

La Circolare n. 72 del Ministero delle Finanze del 30 luglio 2001 ha precisato che le agevolazioni spettano, oltre che ai ciechi totali e parziali (prima venivano denominati assoluti, decimisti e ventesimisti), anche agli ipovedenti gravi cioè coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione, e coloro che hanno un residuo perimetrico binoculare inferiore al 30 per cento.

I sussidi tecnici informatici

Il Decreto Legge 669/1996, convertito dalla Legge 30/1997 ha previsto alcune agevolazioni per l’acquisto di sussidi tecnici e informatici volti a favorire l’autonomia e l’autosufficienza delle persone con disabilità.

I sussidi tecnici e informatici sono "le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere alla riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio".

Sono quindi potenzialmente inclusi nelle agevolazioni un gran numero di prodotti; si pensi ad esempio al computer, al modem, ai fax, ai comandi per il controllo dell’ambiente domestico o di lavoro.

IVA agevolata. Il beneficio più immediato, relativamente ai sussidi tecnici ed informatici, è l’applicazione di un’aliquota IVA di favore all’atto dell’acquisto di quei prodotti. Occorre presentare a chi vende il prodotto:

• copia di un certificato attestante l’invalidità funzionale permanente rilasciato dall’Azienda ULS competente; è valido sia il certificato di invalidità civile che il certificato di handicap;

• specifica prescrizione autorizzativa rilasciata da un medico specialista dell’Azienda ULS di residenza dalla quale risulti il collegamento funzionale fra il sussidio tecnico ed informatico e la menomazione del soggetto beneficiario dell’agevolazione.

Detrazione IRPEF. La seconda agevolazione consiste nella detrazione IRPEF del 19% della spesa sostenuta. Per operare tale detrazione il contribuente deve disporre di:

• certificato del medico curante che attesti che quel sussidio tecnico o informatico è volto a facilitare l’autosufficienza e la possibilità di integrazione del soggetto riconosciuto portatore di handicap ai sensi degli articoli 3 e 4 della citata Legge 104;

• fattura, ricevuta o quietanza del prodotto acquistato dal disabile o dal familiare cui questo è fiscalmente a carico;

Va poi dimostrato che il contribuente o il familiare a carico è persona con handicap, utilizzando il certificato di handicap o di invalidità rilasciato da Commissioni pubbliche.

Ausili e protesi

Anche sull’acquisto di ausili e protesi è possibile ottenere agevolazioni fiscali, sia al momento dell’acquisto che al momento della denuncia dei redditi. Va tuttavia sottolineato che l’elenco dei prodotti agevolati è diverso a seconda dell’agevolazione.

IVA. Possono godere dell’aliquota IVA agevolata i seguenti prodotti:

• apparecchi di ortopedia (comprese le cinture medico-chirurgiche);

• oggetti ed apparecchi per fratture (docce, stecche e simili);

• oggetti ed apparecchi di protesi dentaria, oculistica ed altre;

• apparecchi per facilitare l’audizione ai sordi ed altri apparecchi da tenere in mano, da portare sulla persona o da inserire nell’organismo, per compensare una deficienza o una infermità;

• poltrone e veicoli simili per invalidi anche con motore o altro meccanismo di propulsione;

• servoscala e altri mezzi simili, atti al superamento di barriere architettoniche per soggetti con ridotte o impedite capacità motorie;

• protesi e ausili inerenti a menomazioni funzionali permanenti.

Per quanto riguarda l’accesso a tale agevolazione, si ritiene debba essere condizionato da una specifica prescrizione autorizzativa rilasciata da un medico specialista dell’Azienda ULS nella quale si faccia anche riferimento alla menomazione permanente dell’acquirente.

La prescrizione autorizzativa va consegnata a chi vende il prodotto.

IRPEF. È prevista la possibilità di detrarre, in sede di denuncia dei redditi, il 19% delle spese sostenute per l’acquisto di alcune protesi e ausili e cioè:

• carrozzine per disabili;

• apparecchi per il contenimento di fratture, ernie e per la correzione dei difetti della colonna vertebrale;

• arti artificiali per la deambulazione;

• ausili per il sollevamento (sollevatori, piattaforme elevatrici, servoscala, carrozzine montascale).

La detrazione si applica integralmente e cioè sempre nella misura del 19% ma senza che venga applicata la franchigia di 250.000 prevista per le spese sanitarie.

Barriere architettoniche

La normativa sull’IVA (DPR 633/1972, Tabella A, 41 ter) prevede che scontino un’aliquota agevolata al 4% "le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche".

Questo significa che possono godere di questo beneficio solo le spese di manodopera degli interventi specificamente volti all’eliminazione delle barriere architettoniche.

Sono pertanto esclusi dall’agevolazione il materiale e i prodotti finiti impiegati per la realizzazione di dette opere.

Agevolazioni specifiche per non vedenti

La normativa fiscale ha previsto che l’acquisto e il mantenimento dei cani guida destinati all’assistenza dei non vedenti siano oneri agevolati.

Le agevolazioni consistono innanzitutto in una detrazione dall’Irpef pari 19% delle spese sostenute per l’acquisto del cane. Ai fini del calcolo della detrazione si considera l’intero ammontare del costo sostenuto fino ad un massimo di 35 milioni di lire (18075,99 euro)

La detrazione è prevista una sola volta in un periodo di quattro anni, salvo i casi di perdita del cane, e spetta per un solo animale.

La seconda agevolazione consiste nella detrazione forfettaria di un milione di lire delle spese sostenute per il mantenimento del cane guida. La detrazione viene riconosciuta senza che sia necessario documentare l’effettiva spesa.

Va precisato che ai familiari del non vedente è preclusa l’opportunità di fruire della detrazione forfettaria anche nel caso in cui il non vedente sia da considerare a carico del familiare stesso.

Telefoni cellulari e canone

Riconoscendo che il telefono cellulare può costituire un utile strumento di comunicazione e di soccorso per le persone con disabilità, la legge ha previsto una specifica esenzione dal pagamento della relativa tassa di concessione governativa.

Alla fruizione di tale beneficio sono ammessi i soli disabili "invalidi in seguito alla perdita anatomica o funzionale di entrambi gli arti inferiori nonché ai non vedenti".

La specifica certificazione (non è sufficiente quella di invalidità civile o altra) deve essere rilasciata dall'ASL competente e prodotta al concessionario del servizio all’atto della stipula del contratto di abbonamento.

 

 

PROSPETTO DELLE PRESTAZIONI ECONOMICHE E DEI SOGGETTI AVENTI DIRITTO

 

 

PRESTAZIONI ECONOMICHE

AVENTI DIRITTO Indennità accompagnamento Indennità parziale per ciechi Indennità di comunicazione Indennità di frequenza Assegno mensile Pensione di Inabilità

Ciechi civili assoluti minori anni 18

SI

         

Ciechi civili assoluti maggiori anni 18

SI

       

SI

Ciechi civili parziali

 

SI

     

SI

Invalidi civili totali minori anni 18

SI

          

Invalidi civili minori anni 18

     

SI

    

Invalidi civili totali maggiori anni 18

SI

 

 

 

 

SI

Invalidi civili parziali maggiori anni 18

       

SI

 

Sordomuti minori anni 18*

   

SI

SI

   

Sordomuti maggiori anni 18

   

SI

   

SI

*I due tipi di prestazioni economiche sono fra loro incompatibili

SOMMARIO


 

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